Una vera e propria cascata sotterranea che, passando per Fukushima, ne trascina in mare i detriti radioattivi. La fuga d’acqua contaminata dalla centrale giapponese, due anni fa colpita dallo tsunami, si arricchisce di nuovi particolari. Un video diffuso dal gestore Tepco rivela il transito di un corso d’acqua proprio sotto il reattore numero 1. Finora si è tentato di contenere i danni, ma limitarsi ad aspirarla si è rivelata una battaglia persa in partenza. In totale, le stime rivelano già la presenza di 400.000 tonnellate d’acqua contaminata da sostanze radioattive. Almeno 300 se ne riversano ogni giorno nel sottosuolo, per poi confluire nell’Oceano. Con l’annuncio alle porte del paese che ospiterà i Giochi Olimpici del 2020, il governo si è affrettato ad allentare i cordoni della borsa e a promettere un pronto intervento.
Appena pochi giorni fa, l’annuncio che una cifra pari ad oltre 35 milioni di euro sarà destinata alla costruzione di una “gabbia di ghiaccio”. Dei condotti d’acciaio pomperanno cioè un liquido refrigerante a 30 metri di profondità, ghiacciando così il suolo sottostante al reattore e isolandolo dai corsi d’acqua. Il via ai test è atteso non prima della metà di ottobre. I costi per la sola sperimentazione sono stimati all’equivalente di quasi 10 milioni di euro. Perché si passi alla fase operativa bisognerà però attendere fino a marzo 2015. Sul totale dell’operazione – per circa un terzo finanziata dalla Tepco che gestisce l’impianto – il governo ha approvato un contributo pari a quasi 250 milioni di euro. “Finora abbiamo lasciato che Tepco gestisse una buona parte dei lavori – ha detto il Ministro giapponese di economia, industria e commercio, Toshimitsu Moteghi -. D’ora in poi il governo prenderà in carico quelli più urgenti e fornirà il budget necessario. La speranza è che il nostro intervento contribuisca ad accelerare le procedure”. Rassicurazioni governative che precedono di poche ore la bacchettata a Tepco dell’autorità di controllo per l’energia nucleare. Ultimo rimprovero in ordine di tempo, quello di una comunicazione confusa sulla reale dimensione della contaminazione a Fukushima.
fonte http://www.naturalnews.com/041881_fukushima_radiation_leaks_deception.html
IL CASO – MALUMORI AL RITORNO DAL VIAGGIO IN GIAPPONE NONOSTANTE I NUMERI DA RECORD
Scala, protestano coro e orchestra
«A Tokyo tournée deludente»
Lettera al sindaco: «Troppo marketing, sacrificata la qualità artistica»
Il messaggio è violento: «Troppo marketing, poca qualità artistica». In Giappone hanno incassato gli applausi e il costante tutto esaurito. A Milano, smaltito il fuso orario e dimenticati inchini, sayonara e toni trionfali, è rimasta la rabbia: la tournée della Scala nel Sol Levante (appena conclusa) non è stata «un’operazione di esportazione culturale, ma un’offerta di luoghi comuni internazionali». Questo hanno scritto orchestra e coro in una lettera datata 30 settembre e indirizzata al presidente della Fondazione Scala, il sindaco di Milano Giuliano Pisapia. Poche righe dalla forma impeccabile e dai toni durissimi: «Il progetto commerciale è stato brutalmente anteposto alla scelta qualitativa».
I RECORD – È stata comunque la tournée dei record. Venti recite sold out; Falstaff nella nuova regia di Robert Carsen diretto da Daniel Harding; Rigoletto e Aida (questa in forma di concerto) guidate da Gustavo Dudamel; cinque recite del balletto Romeo e Giulietta ; quattro concerti sinfonici; 462 persone impegnate negli spettacoli che si sono susseguiti dal 4 al 25 settembre tra Tokyo, Osaka, Nagoya; 53 mila spettatori, un esercito di fan su Twitter e Facebook. Grande programma e grande cast per l’ottava presenza della Scala in Giappone dal 1981. Eppure, a freddo e intra moenia , orchestra e coro non se la sono sentita di fare finta di nulla. Lunedì, pochi giorni dopo il rientro, hanno inviato la loro lettera a Pisapia. In copia, al consiglio di amministrazione del teatro e al sovrintendente e direttore artistico, Stéphane Lissner.
LE CRITICHE – Prima staffilata, il programma. Più da festival del bel canto che da «teatro più importante del mondo». «Fino a oggi la Scala in Giappone – comincia la lettera – si faceva portavoce di un’esportazione culturale di altissimo livello volta a diffondere la particolarità della tradizione musicale italiana. Abbiamo condiviso lo spirito dell’operazione credendoci e sforzandoci di dare il meglio della nostra professionalità, ma siamo costretti a riconoscere una perdita forte di identità tanto culturale quanto artistica: il progetto commerciale è stato brutalmente anteposto, negli schemi e nelle modalità, a quello più alto della scelta qualitativa in termini di accuratezza musicale». Se l’operazione non è naufragata è perché la riuscita è stata «demandata alla serietà di pochi singoli artisti navigati e scrupolosi e all’esperienza dell’Orchestra e del Coro, depositari unici di un senso di responsabilità musicale».
LE STAR NON BASTANO – È chiaro che con un Leo Nucci, che in questo tour interpretava il suo Rigoletto numero 493, non si potesse andare così male. Ma i nomi importanti non bastano. E infatti, continua lo sfogo, «ben poco hanno potuto fare i due direttori d’orchestra coinvolti (Harding e Dudamel, ndr), sia per la mancanza di tempo, sia per la completa assenza di figure autorevoli che vigilassero». Tradotto, orchestra e coro volevano Lissner. In loco. Quanto meno per evitare una trasferta segnata da «inadeguatezza del livello artistico e banalizzazione di un’idea musicale prettamente italiana quasi facessimo parte di un sistema di svalutazione adatto solo a una volgarizzazione mediatica». Con quell’«offerta di luoghi comuni internazionali di cui la scelta di alcuni cantanti è stato l’apice». Nel cast c’erano, tra gli altri, Ambrogio Maestri, Barbara Frittoli e Daniela Barcellona.
«PUNTARE SULLA QUALITA’» – Un gioiello che nasconde troppe imperfezioni, ecco la Scala in Giappone. Ma coro e orchestra non si limitano alle proteste: rilanciano indicando alcune condizioni imprescindibili per andare avanti in futuro: «Presenza del sovrintendente e del direttore artistico; rigore nella preparazione dei cantanti; accuratezza nella scelta dei programmi; prove non improvvisate con cast dimezzati e acustiche improponibili; preparazione dei direttori sullo spirito reale della tournée». Se non è una dichiarazione d’amore per la Scala, le si avvicina molto.
02 ottobre 2013
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Annachiara Sacchi
Commento by Lavoratoriscala — 2 Ottobre 2013 @ 21:24