Il Sottoscala Per Abbado un Albero in Piazza Scala

3 Giugno 2010

Lunedì 7 Giugno si terrà a Roma una manifestazione della produzione culturale dello spettacolo in piazza Navona.

Filed under: Uncategorized — Tag: , — Lavoratoriscala @ 23:33

  

 

Il giorno 7 Giugno p.v. si terrà a Roma una manifestazione della produzione culturale dello spettacolo in piazza Navona dalle 14 alle 20 promossa unitariamente dai sindacati di categoria e dalle associazioni professionali di Settore con l’obiettivo di contrastare i provvedimenti legislativi intrapresi destrutturanti il Sistema Cultura.
Si intende porre al centro del dibattito politico del nostro Paese la volontà di intraprendere un reale percorso riformatore che non sia di mera smobilitazione ma di investimento “per una nuova politica culturale” a partire dall’ elemento fondamentale delle risorse.

Gli esigui finanziamenti destinati al Settore per l’anno corrente, con l’impostazione dell’attuale nuova “legge finanziaria”, subiranno nei fatti ulteriori pesanti tagli a livello centrale e decentrato che provocheranno l’implosione del Sistema Cultura.

E’ urgente trovare ingenti risorse per l’immediato e significativi correttivi economici a quanto stabilito dalla suddetta Finanziaria per il futuro

E’ altresì urgente portare a compimento organiche leggi di sistema riguardanti sia lo Spettacolo dal vivo che il Cinema-Audiovisivo, che permettano di definire regole e condizioni certe per una tenuta e una prospettiva futura dell’ intero Sistema.

A tal fine risulta strutturalmente inefficace legiferare su tali materie con lo strumento impositivo del Decreto Ministeriale che impedisce un confronto di merito ed un esame approfondito e che, come nel caso delle Fondazioni lirico sinfoniche, ha una funzione destrutturante, produce solo pesanti effetti negativi e in modo incostituzionale viola i principi della legislazione concorrente (competenze anche regionali) ed espropria le parti sociali delle loro prerogative inerenti la contrattazione complessivamente intesa.
La nostra battaglia deve essere anche a salvaguardia dei principi costituzionali a partire dall’ art.9.
E’ del tutto irresponsabile che su questo “mondo del sapere” (che per il nostro paese riveste un'importanza strategica,) si abbatta la scure di tagli così indiscriminati e senza un confronto, anche all'interno degli stessi Ministeri, come dichiarato dallo stesso ministro Bondi che dovrà comunque identificare gli ENTI e le Istituzioni Culturali da de-finanziare ( nell’ordine di 20 milioni di euro ?) permanendo la gravità determinata per la soppressione di Enti ritenuti “inutili” come L’ETI ( Ente Teatrale Italiano).

Su questi fondamentali temi si proclama la massima mobilitazione con dichiarazioni di scioperi territoriali – settoriali , ove necessario per la buona riuscita della manifestazione, per i lavoratori dei settori Cinema, Prosa, Musica, Danza (Fondazioni Lirico Sinfoniche, Teatri di Tradizione, Istituzioni Concertistiche ed Orchestrali).
Qualora non pervenissero i permessi richiesti al comune la manifestazione si trasformerà in presidio.
Le Segreterie Nazionali
SLC-CGIL, FISTel-CISL, UILCOM-UIL, FIALS- CISAL

Roma 3 giugno 2010

18 Comments

  1. I TAGLI DEL GOVERNO

    Nasce la lobby delle fondazioni"Salviamo la cultura a Milano"

    L'appello ai ministri Bondi e Tremonti: "E' il momento di dire basta ai tagli selvaggi"
    di ANNA CIRILLO

    Tagli alla cultura nella manovra finanziaria, Milano non ci sta e organizza la resistenza. Pronta a difendersi con una lobby trasversale che accomuna opposizione e maggioranza, unite assieme alle fondazioni della città che rischiano il taglio dei contributi statali, annunciato dal ministro Tremonti. Le fondazioni hanno deciso di dare vita a una lobby «culturale e politica a tutela di un modello Milano che offre in ambito culturale rendimenti di efficienza, efficacia e responsabilità sociale». spiega l’assessore Massimiliano Finazzer Flory, primo attore dell’iniziativa.Lunedì spedirà una lettera-appello al ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi, firmata da lui e da oltre una ventina di fondazioni milanesi di editoria, cinema, biblioteche, teatri. Eccellenze culturali che potrebbero vedersi decurtare i finanziamenti statali, nonostante siano «un modello nella capacità di autofinanziarsi e di avere bilanci in ordine». Tra questi Piccolo Teatro, Feltrinelli, Triennale, Cineteca, Casa Manzoni e Boschi di Stefano, Hangar Bicocca, Pomeriggi Musicali, Lombardia Film Commission. Senza tralasciare la Scala «che condivide questo mio percorso», aggiunge Finazzer.La lettera — «poche righe ma ispirate alla verità» — verrà mandata anche ai ministri dell’Istruzione, Gelmini, e dell’Economia, Tremonti, oltre che ai presidenti delle commissioni cultura di Camera e Senato. «L’intento è aiutare Bondi a calibrare i tagli con criteri di meritocrazia, per adottare un modello virtuoso di sviluppo attraverso la cultura, e per tutelare e promuovere il nostro modo di pensare — continua Finazzer — Spero che il ministro raccolga l’appello e dia una risposta seria alle nostre indicazioni». La lettera che vuole preservare la cultura milanese dai tagli della finanziaria non si limita, infatti, a protestare ma suggerisce soluzioni. La lobby trasversale si concretizza in un tavolo stabile di tutte le fondazioni che si incontreranno regolarmente per organizzarsi insieme. Come è successo durante la riunione in cui sono stati individuati alcuni punti fondamentali. A Bondi viene chiesto di poter lavorare su convenzioni triennali e non annuali, di riformare il fisco in modo da incentivare i privati a diventare mecenati, dando più visibilità agli sponsor che sostengono la cultura. Ma soprattutto di non agire con «tagli asimmetrici tra la cultura e gli altri settori — conclude Finazzer — Da alcuni dati della Fondazione Feltrinelli emerge che nel settore cultura le decurtazioni arrivano al 50 per cento, mentre per altri settori dello Stato si fermano al 10 per cento. È inaccettabile». Al tavolo c’erano anche alcuni rappresentanti di maggioranza e opposizione che tradurranno la lettera in una mozione bipartisan per il consiglio comunale. E' d'accordo anche il pd Pierfrancesco Majorino: «I tagli gravissimi del governo alla cultura vanno impediti ad ogni costo. Ben venga la lobby trasversale a Milano».

    Commento by anonimo — 4 Giugno 2010 @ 08:55

  2. Spettacolo: lunedì protesta dei sindacati contro i tagli.Il manifesto 2010 -ROMA – 4 GIUGNO. Una manifestazione di protesta contro i tagli alla cultura è stata indetta dai sindacati per lunedì 7 giugno, a Roma, in piazza Navona (foto), dalle ore 14,00. Per l'occasione è stato stilato un manifesto intitolato "La cultura è futuro", firmato da Cgil, Cisl, Uil con  Movem09, Fnsi e Usigrai. Ne riproduciamo di seguito il testo. I tagli ai finanziamenti pubblici, motivati dalla crisi economica, per tutto il settore culturale, al cinema, al teatro, alla lirica, alla musica, alla scuola, all’università, alle fondazioni, agli istituti, alla ricerca, dimostrano nell’esiguità del risultato sul piano economico generale, la mancanza di una visione strategica del futuro di tutto il paese, che nel mondo può esportare soprattutto cultura, il patrimonio di cui è più ricca.   La cultura può e deve divenire volano di sviluppo per l’Italia. Nazioni meno ricche di beni culturali e di creatività della nostra hanno puntato in questa direzione per uscire dalla crisi.   In Italia la cultura e l’economia che ruota intorno ad essa sono viste soltanto come spesa e non come investimento. La vita culturale, la conoscenza, la ricerca vanno potenziati e rilanciati. C’è bisogno prima di tutto di un forte impegno pubblico, non solo sul piano economico. La cultura oltre a dare una forte spinta all’occupazione ci rende forti e autorevoli nel mondo, sviluppa identità nazionale e rinsalda la comunità. In Europa si investe per la cultura intorno al 1,5 percento di PIL, in Italia solo lo 0,3 per cento. E quando c’è bisogno di tagliare le spese, è sempre da qui che si comincia! Costruire una politica per la cultura vuol dire chiedere allo Stato che investa nella produzione creativa, nella formazione professionale e artistica, nella ricerca, nei saperi, in nuove politiche di distribuzione e diffusione del prodotto culturale. Vuol dire pensare e attuare leggi che garantiscano insieme libertà e pluralità di voci. Vuol dire sostenere, in una parola, libertà di culture e libertà di informazione e comunicazione. La GGIL, CISL e UIL con MOVEM09, FNSI, USIGRAI sono consapevoli della gravità della crisi in atto in Italia. Ma pensano che i tagli al mondo della cultura siano i più miopi. E del tutto inefficaci per uscire dalla crisi.   E quindi dichiarano fermamente di essere: CONTRO le misure annunciate dalla manovra finanziaria che portano alla distruzione delle principali realtà della cultura, della ricerca scientifica, tecnologica, storica, filosofica, dell’alta formazione e della produzione culturale. CONTRO la gestione dei vari settori della cultura a colpi di decreti, come quello recente sulle Fondazioni lirico sinfoniche, e lo spostamento in poche mani dei finanziamenti alla vita culturale del paese. Altrettanto fermamente dichiarano di essere: PER una politica che individui proprio nella cultura, nella formazione e nella ricerca il settore strategico su cui investire massicciamente per accelerare l'uscita dalla crisi e per un rilancio intelligente e qualificato dell’Italia nel mondo. PER lo sviluppo ed il sostegno delle energie creative presenti nel Paese. PER la diffusione delle opere e la circolazione delle idee. PER una reale libertà d'informazione e per una legislazione che non limiti il diritto dei cittadini di essere informati. PER lo sviluppo di una coscienza critica, da attuare a partire dalla scuola dell’obbligo. PER la rapida approvazione di leggi di sistema nei settori di cinema, audiovisivo, spettacolo dal vivo, enti lirico-sinfonici, che garantiscano trasparenza, affidabilità delle risorse, la loro ottimizzazione e l'eliminazione degli sprechi. PER il rifinanziamento dell’intervento pubblico, unito al reperimento di nuove risorse che rendano la cultura autonoma. PER una legislazione che riconosca ai lavoratori della cultura i loro diritti agli ammortizzatori sociali, ad una pensione dignitosa, alla tutela delle malattie, che consenta il massimo sviluppo dell’occupazione e della continuità lavorativa, della difesa del diritto d’autore e dei diritti connessi. Così come previsto dalle raccomandazioni approvate dal Parlamento Europeo. PER il pieno riconoscimento ai cittadini italiani del diritto a nutrirsi di cultura, di spettacoli, di arte, di tutto ciò che è bello e arricchisce lo spirito.

     

    Commento by anonimo — 5 Giugno 2010 @ 12:07

  3. De Biasi, Ghizzoni, Giulietti: Bondi riferisca in commissione sui tagli .ROMA – 4 GIUGNO 2010 – "Il ministro Bondi venga in Commissione per spiegare il motivo per cui non era a conoscenza dei tagli annunciati da Tremonti e su quali siano ora le sue intenzioni, dopo che ha avuto il permesso dallo stesso Tremonti di decidere sui tagli alla cultura".Lo chiedono le deputate del Pd della commissione Cultura della Camera Emilia De Biasi (foto)e Manuela Ghizzoni, insieme a Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo 21. "'L'elenco delle omissioni è lungo – aggiungono i tre deputati – e per questo vorremmo che Bondi venisse rapidamente a confrontarsi in Parlamento. Perché, infatti non è ancora stata presentata alla Commissione la relazione annuale sulla società ARCUS che gestisce fondi per la cultura? Cosa succederà della SIAE? Per non parlare delle Fondazioni lirico-sinfoniche: come si intrecceranno con la manovra e con l'approvazione del disegno di legge bipartisan sullo spettacolo dal vivo che rischia di non avere copertura finanziaria? Quali sono inoltre i motivi che portano Bondi a insultare costantemente il mondo della cultura e a vedere comunisti dappertutto, se non si fa come dice lui?''.  

    Commento by anonimo — 5 Giugno 2010 @ 12:12

  4. GABRIELLA CARLUCCI E QUELL'ENTE INDISPENSABILE, ANZI INUTILEdi Tommaso Caldarellipubblicato il 4 giugno 2010 alle 21:01

    La strana parabola dell’ETI, l’Ente Teatrale Italiano. Prima, fondamentale punto programmatico presentato agli addetti ai lavori in pompa magna, in campagna elettorale. Due anni dopo, un ente da tagliare. Che succede in mezzo?

    C’erano una volta Gabriella Carluccii e Luca Barbareschi in campagna elettorale. Lei, responsabile Cultura di Forza Italia per il PDL; lui, candidato irrituale in AN, anch’essa, per il PDL. Si presentano al Teatro Valle, a Roma, davanti ad una interessata platea di attori, registi, teatranti, insomma, ai proverbiali addetti ai lavori, con quaranta slides in Powerpoint per spiegare il piano del futuro governo sullo spettacolo. Il piano è in tre mosse:  una legge-quadro sullo spettacolo dal vivo (teatro, in primis) ed una serie di “leggi di sistema” per gli altri settori, per arrivare poi ad un “testo unico” sullo spettacolo.”

    MENO STATO – E le direttrici, le linee ispiratrici del futuro intervento non potrebbero essere più liberali: meno stato, e soprattutto, meno “stato impresario”. E’ la formula coniata da Renato Brunetta, che partecipa all’happening con un documento autografo di cui viene data pubblica lettura. “Lo Stato” scrive il futuro ministro “deve adoprarsi per ridurre l’intervento della mano pubblica alla sola sfera della sperimentazione, ricerca, formazione, patrimonio culturale nazionale, promozione, attivando meccanismi di stimolazione del mercato attraverso interventi indiretti come le agevolazioni fiscali, piuttosto che mantenendo logiche di sovvenzionamento, che ingessano il mercato, aumentano le barriere all’entrata di nuove imprese e nuovi autori, determinano autoreferenzialità e conservazione”. E fra i punti programmatici elaborati dal dinamico duo, figura una sostanziosa riforma dell‘ETI, l’Ente Teatrale Italiano.“L’Eti” recitano le slides “nonostante le recenti nuove linee di indirizzo strategico, persegue una “mission” che appare obsoleta, incentrata sulla distribuzione, operata direttamente nei 4 teatri gestiti o in raccordo con i circuiti territoriali.” E questa mission errata si riverserebbe “nella malagestione delle risorse a disposizione dell’ente, che così “pregiudica ogni possibilità di realizzare progetti di promozione del teatro e della danza in tutto il Paese”. Quindi: ecco il piano. Occorre dismettere i teatri gestiti dall’Ente, assegnandoli “agli Enti Locali di riferimento o ad imprenditori privati”; le risorse così risparmiate si usino per “l’ampliamento del  mercato teatrale e la promozione del pubblico, il sostegno all’innovazione, al teatro per l’infanzia ed alla nuova drammaturgia” e l’ETI cambi radicalmente destinazione d’uso, diventando una sorta di camera di compensazione del sistema teatrale così ridefinito, un “luogo di concertazione fra Stato, Regioni, Province e Comuni per la definizione di progetti e l’individuazione di specifiche priorità di intervento”. Iniziativa e proposte accolte con calore dalla comunità assiepatasi al Valle, con il via libera “bipartisan” garantito da Michele Placido, che diede il suo ok alle misure; “ci sono le premesse per una vera “rivoluzione liberale” nell’italico settore dello spettacolo” scriveva un entusiasta Angelo Teodosi, presidente dell’Istituto Italiano per l’Industria Culturale “dopo la grande delusione – diffusa, e riconosciuta anche in occasione della kermesse promossa qualche settimana fa dall’Anac – nei confronti della (non) politica culturale messa in atto da Rutelli.” Tutti contenti, tutti con la Carlucci e Barbareschi, e col Governo Berlusconi.

    DUE ANNI DOPO – Arriviamo ad oggi. La soppressione dell’ETI, possibile, visti i tagli in finanziaria è “una decisione sacrosanta e che non reca alcun danno alla cultura italiana, visti gli sprechi enormi e la gestione dissennata dell’ente”. E “se il presidente, il direttore generale e il consiglio di amministrazione non percepiranno più uno stipendio e non disporranno più di costose strutture sarà solo un bene per le casse dello Stato e per il teatro italiano”. Sono frasi, dichiarate all’ANSA, della stessa Gabriella Carlucci che parlava di un ruolo centrale dell’Ente, che ora è invece inutile e tagliabile, per l’assetto del nuovo teatro italiano. Che è successo in mezzo?

    IL DIRETTORISSIMO – Tante cose. Per esempio che il direttore dell’ETI, Giuseppe Ferrazza, è salito molte volte all’onore delle cronache. Principalmente quando è stato al centro di un interrogazione parlamentare, promossa dal deputato del PDL Francesco Aracri: per sapere come mai, sostanzialmente, il direttore dell’ETI fosse il padrone del Teatro Italiano. Giuseppe Ferrazza infatti, oltre ad essere a capo dell’ente, gestisce il teatro Carlo Felice a Genova, è membro della commissione paritetica Stato-Regioni per la riforma del FUS ed è membro del collegio sindacale dell’IMAIE – dal quale si diverte a segnalare nipoti per posti pagatissimi – oltre a una pletora di altri incarichi; e l’interrogazione al ministro Bondi, perchè spiegasse, venne accompagnata da un esposto alla Corte dei Conti perchè verificasse la gestione finanziaria di Ferrazza. E chi è, dunque, questo Ferrazza? E’ alla guida dell’ETI dal 2005. E nel 2008, in commissione Cultura, la Carlucci era una sua grande sponsor, per la conferma all’incarico: parlò a nome del Governo, per comunicare il parere favorevole alla riconferma, e la commissione, lodando le qualità del ri-direttore, votò all’unanimità il rinnovo dell’incarico.

    PERCIO’? – E dunque, perchè un ente guidato da persona di assoluto valore – se è vero quel che la commissione decise – ora è diventato una spesa inutile? Non c’è risposta certa. Ma di recente, all’ETI c’è stata un po’ di maretta. Sembra che, prima dell’interrogazione parlamentare, prima dell’esposto alla Corte …

    Commento by anonimo — 5 Giugno 2010 @ 12:30

  5. GABRIELLA CARLUCCI E QUELL'ENTE INDISPENSABILE, ANZI INUTILEdi Tommaso Caldarellipubblicato il 4 giugno 2010 alle 21:01

    La strana parabola dell’ETI, l’Ente Teatrale Italiano. Prima, fondamentale punto programmatico presentato agli addetti ai lavori in pompa magna, in campagna elettorale. Due anni dopo, un ente da tagliare. Che succede in mezzo?

    C’erano una volta Gabriella Carluccii e Luca Barbareschi in campagna elettorale. Lei, responsabile Cultura di Forza Italia per il PDL; lui, candidato irrituale in AN, anch’essa, per il PDL. Si presentano al Teatro Valle, a Roma, davanti ad una interessata platea di attori, registi, teatranti, insomma, ai proverbiali addetti ai lavori, con quaranta slides in Powerpoint per spiegare il piano del futuro governo sullo spettacolo. Il piano è in tre mosse:  una legge-quadro sullo spettacolo dal vivo (teatro, in primis) ed una serie di “leggi di sistema” per gli altri settori, per arrivare poi ad un “testo unico” sullo spettacolo.”

    MENO STATO – E le direttrici, le linee ispiratrici del futuro intervento non potrebbero essere più liberali: meno stato, e soprattutto, meno “stato impresario”. E’ la formula coniata da Renato Brunetta, che partecipa all’happening con un documento autografo di cui viene data pubblica lettura. “Lo Stato” scrive il futuro ministro “deve adoprarsi per ridurre l’intervento della mano pubblica alla sola sfera della sperimentazione, ricerca, formazione, patrimonio culturale nazionale, promozione, attivando meccanismi di stimolazione del mercato attraverso interventi indiretti come le agevolazioni fiscali, piuttosto che mantenendo logiche di sovvenzionamento, che ingessano il mercato, aumentano le barriere all’entrata di nuove imprese e nuovi autori, determinano autoreferenzialità e conservazione”. E fra i punti programmatici elaborati dal dinamico duo, figura una sostanziosa riforma dell‘ETI, l’Ente Teatrale Italiano.“L’Eti” recitano le slides “nonostante le recenti nuove linee di indirizzo strategico, persegue una “mission” che appare obsoleta, incentrata sulla distribuzione, operata direttamente nei 4 teatri gestiti o in raccordo con i circuiti territoriali.” E questa mission errata si riverserebbe “nella malagestione delle risorse a disposizione dell’ente, che così “pregiudica ogni possibilità di realizzare progetti di promozione del teatro e della danza in tutto il Paese”. Quindi: ecco il piano. Occorre dismettere i teatri gestiti dall’Ente, assegnandoli “agli Enti Locali di riferimento o ad imprenditori privati”; le risorse così risparmiate si usino per “l’ampliamento del  mercato teatrale e la promozione del pubblico, il sostegno all’innovazione, al teatro per l’infanzia ed alla nuova drammaturgia” e l’ETI cambi radicalmente destinazione d’uso, diventando una sorta di camera di compensazione del sistema teatrale così ridefinito, un “luogo di concertazione fra Stato, Regioni, Province e Comuni per la definizione di progetti e l’individuazione di specifiche priorità di intervento”. Iniziativa e proposte accolte con calore dalla comunità assiepatasi al Valle, con il via libera “bipartisan” garantito da Michele Placido, che diede il suo ok alle misure; “ci sono le premesse per una vera “rivoluzione liberale” nell’italico settore dello spettacolo” scriveva un entusiasta Angelo Teodosi, presidente dell’Istituto Italiano per l’Industria Culturale “dopo la grande delusione – diffusa, e riconosciuta anche in occasione della kermesse promossa qualche settimana fa dall’Anac – nei confronti della (non) politica culturale messa in atto da Rutelli.” Tutti contenti, tutti con la Carlucci e Barbareschi, e col Governo Berlusconi.

    DUE ANNI DOPO – Arriviamo ad oggi. La soppressione dell’ETI, possibile, visti i tagli in finanziaria è “una decisione sacrosanta e che non reca alcun danno alla cultura italiana, visti gli sprechi enormi e la gestione dissennata dell’ente”. E “se il presidente, il direttore generale e il consiglio di amministrazione non percepiranno più uno stipendio e non disporranno più di costose strutture sarà solo un bene per le casse dello Stato e per il teatro italiano”. Sono frasi, dichiarate all’ANSA, della stessa Gabriella Carlucci che parlava di un ruolo centrale dell’Ente, che ora è invece inutile e tagliabile, per l’assetto del nuovo teatro italiano. Che è successo in mezzo?

    IL DIRETTORISSIMO – Tante cose. Per esempio che il direttore dell’ETI, Giuseppe Ferrazza, è salito molte volte all’onore delle cronache. Principalmente quando è stato al centro di un interrogazione parlamentare, promossa dal deputato del PDL Francesco Aracri: per sapere come mai, sostanzialmente, il direttore dell’ETI fosse il padrone del Teatro Italiano. Giuseppe Ferrazza infatti, oltre ad essere a capo dell’ente, gestisce il teatro Carlo Felice a Genova, è membro della commissione paritetica Stato-Regioni per la riforma del FUS ed è membro del collegio sindacale dell’IMAIE – dal quale si diverte a segnalare nipoti per posti pagatissimi – oltre a una pletora di altri incarichi; e l’interrogazione al ministro Bondi, perchè spiegasse, venne accompagnata da un esposto alla Corte dei Conti perchè verificasse la gestione finanziaria di Ferrazza. E chi è, dunque, questo Ferrazza? E’ alla guida dell’ETI dal 2005. E nel 2008, in commissione Cultura, la Carlucci era una sua grande sponsor, per la conferma all’incarico: parlò a nome del Governo, per comunicare il parere favorevole alla riconferma, e la commissione, lodando le qualità del ri-direttore, votò all’unanimità il rinnovo dell’incarico.

    PERCIO’? – E dunque, perchè un ente guidato da persona di assoluto valore – se è vero quel che la commissione decise – ora è diventato una spesa inutile? Non c’è risposta certa. Ma di recente, all’ETI c’è stata un po’ di maretta. Sembra che, prima dell’interrogazione parlamentare, prima dell’esposto alla Corte …

    Commento by anonimo — 5 Giugno 2010 @ 12:30

  6. Con Monicelli sulle barricate
    di Gabriella Gallozzitutti gli articoli dell'autore

    La situazione è fin troppo chiara: distruggono la cultura perché è sovversiva, perché è libertà e democrazia. Bisogna opporsi a tutto questo. Spingere con la forza e non tacere. Ci vogliono manifestazioni e dovete usare tutta la vostra forza giovanile per sovvertire. Io non ce l’ho più ma voi giovani dovete farlo». È un ragazzo di 95 anni quello che ieri ha «incitato» alla rivolta gli studenti della Rossellini, lo storico istituto romano che, unico in Italia, forma da anni tecnici per il cinema e la tv e che oggi rischia il collasso per i tagli inflitti dalla Gelmini. Mario Monicelli, infatti, si è offerto come «capopolo» per questa particolare mattinata di protesta ideata in origine come una dirventente burla, purtroppo «bruciata» dai soliti giornalisti in cerca di scoop. Si convocava la stampa per l’anteprima mondiale della nuova Armata Brancaleone, firmata ovviamente da Monicelli e prodotta da Renzo Rossellini, come recitava il comunicato. Un modo sicuro per attirare l’attenzione dei media, poco reattivi su certi temi. L’altro giorno, però, un giornale ha svelato «l’inganno», mettendo a rischio la divertente provocazione. La Nuova Armata Brancaleone altro non è che un piccolo corto girato dagli studenti della Rossellini in cui si vedono soltanto dei titoli di coda a simboleggiare il cinema che non si farà più a causa dei tagli. «Succederà che questo schermo resterà nero – si legge sul video – , senza immagini, senza parole. Succederà che i lavoratori di domani di cinema e tv non avranno un futuro. Perché si sta tagliando il loro presente. Perché si stanno negando i loro diritti di studenti… Tutti sulla stessa barca, anzi, tutti parte di una Nuova Armata Brancaleone». STUDENTI IN LOTTA Standing ovations e applausi hanno accompagnato la proiezione del corto, ma soprattutto l’intervento di Monicelli: «Se non dobbiamo vergognarci di essere italiani è per il nostro cinema, la musica, il teatro che ancora hanno rispetto nel mondo. Il resto è tutto degrado, desiderio di arraffare e arricchirsi, un po’ come capita in tutto l’Occidente. Da noi, però, quello che è più grave ancora è l’intento del governo di tagliare la scuola pubblica, come è la vostra, l’unica nel settore, per favorire quella privata destinata solo ai ricchi. A tutto questo ci dobbiamo opporre. Opporci a questo governo velleitario che sembra davvero un’Armata Brancaleone». Lotta dura, insomma, riprende anche Renzo Rossellini – tra i promotori della protesta insieme a Mimmo Calopresti – che nel «nome del padre» rivendica il dovere a «ribellarsi contro l’ingiustizia. Questi tagli alla cultura sono in realtà un’altra legge ad personam: ci vogliono stupidi, incapaci di scegliere e di capire. Mai dai tempi del fascismo eravamo arrivati così in basso. Levare alla gente la coscienza è criminale. Contro tutto questo si deve protestare con veemenza. E invito gli studenti ad essere molto cattivi». Le proteste montano. Continua anche l’occupazione del Centro Sperimentale «depennato» in extremis dagli «enti inutili» dell’ultima manovra del governo. Durante la parata militare del due giugno un gruppo di studenti del Centro è stato fermato dalle forze dell’ordine mentre cercava di srotolare uno striscione con la scritta: «Cultura: omicidio di stato». 11 di loro sono stati portati in commissariato, interrogati e denunciati per «manifestazione non preavvisata». Ha ragione Monicelli: la cultura è davvero sovversiva.

    04 giugno 2010

    Commento by anonimo — 5 Giugno 2010 @ 12:50

  7. Con Monicelli sulle barricate
    di Gabriella Gallozzitutti gli articoli dell'autore

    La situazione è fin troppo chiara: distruggono la cultura perché è sovversiva, perché è libertà e democrazia. Bisogna opporsi a tutto questo. Spingere con la forza e non tacere. Ci vogliono manifestazioni e dovete usare tutta la vostra forza giovanile per sovvertire. Io non ce l’ho più ma voi giovani dovete farlo». È un ragazzo di 95 anni quello che ieri ha «incitato» alla rivolta gli studenti della Rossellini, lo storico istituto romano che, unico in Italia, forma da anni tecnici per il cinema e la tv e che oggi rischia il collasso per i tagli inflitti dalla Gelmini. Mario Monicelli, infatti, si è offerto come «capopolo» per questa particolare mattinata di protesta ideata in origine come una dirventente burla, purtroppo «bruciata» dai soliti giornalisti in cerca di scoop. Si convocava la stampa per l’anteprima mondiale della nuova Armata Brancaleone, firmata ovviamente da Monicelli e prodotta da Renzo Rossellini, come recitava il comunicato. Un modo sicuro per attirare l’attenzione dei media, poco reattivi su certi temi. L’altro giorno, però, un giornale ha svelato «l’inganno», mettendo a rischio la divertente provocazione. La Nuova Armata Brancaleone altro non è che un piccolo corto girato dagli studenti della Rossellini in cui si vedono soltanto dei titoli di coda a simboleggiare il cinema che non si farà più a causa dei tagli. «Succederà che questo schermo resterà nero – si legge sul video – , senza immagini, senza parole. Succederà che i lavoratori di domani di cinema e tv non avranno un futuro. Perché si sta tagliando il loro presente. Perché si stanno negando i loro diritti di studenti… Tutti sulla stessa barca, anzi, tutti parte di una Nuova Armata Brancaleone». STUDENTI IN LOTTA Standing ovations e applausi hanno accompagnato la proiezione del corto, ma soprattutto l’intervento di Monicelli: «Se non dobbiamo vergognarci di essere italiani è per il nostro cinema, la musica, il teatro che ancora hanno rispetto nel mondo. Il resto è tutto degrado, desiderio di arraffare e arricchirsi, un po’ come capita in tutto l’Occidente. Da noi, però, quello che è più grave ancora è l’intento del governo di tagliare la scuola pubblica, come è la vostra, l’unica nel settore, per favorire quella privata destinata solo ai ricchi. A tutto questo ci dobbiamo opporre. Opporci a questo governo velleitario che sembra davvero un’Armata Brancaleone». Lotta dura, insomma, riprende anche Renzo Rossellini – tra i promotori della protesta insieme a Mimmo Calopresti – che nel «nome del padre» rivendica il dovere a «ribellarsi contro l’ingiustizia. Questi tagli alla cultura sono in realtà un’altra legge ad personam: ci vogliono stupidi, incapaci di scegliere e di capire. Mai dai tempi del fascismo eravamo arrivati così in basso. Levare alla gente la coscienza è criminale. Contro tutto questo si deve protestare con veemenza. E invito gli studenti ad essere molto cattivi». Le proteste montano. Continua anche l’occupazione del Centro Sperimentale «depennato» in extremis dagli «enti inutili» dell’ultima manovra del governo. Durante la parata militare del due giugno un gruppo di studenti del Centro è stato fermato dalle forze dell’ordine mentre cercava di srotolare uno striscione con la scritta: «Cultura: omicidio di stato». 11 di loro sono stati portati in commissariato, interrogati e denunciati per «manifestazione non preavvisata». Ha ragione Monicelli: la cultura è davvero sovversiva.

    04 giugno 2010

    Commento by anonimo — 5 Giugno 2010 @ 12:50

  8. G A M E   O V E R

    Commento by anonimo — 6 Giugno 2010 @ 13:37

  9. GOVERNARE A VANVERAdi Vincenzo Ceramitutti gli articoli dell'autore

    Nel brutale e sadico colpo mortale che ilgoverno ha inferto alla Cultura c’è qualcosa che dovrebbe spaventare tutto il Paese. Mi riferisco non già alla riduttiva concezione che la destra ha da sempre delle nostre bellezze naturali e del nostro talento artistico, ma alla drammatica e lampante certezza di essere governati da gente che non sa da quale parte andare.I tagli alla cieca sul budget dei Beni Culturali ci dicono che il governo non ha alcun progetto teso al risanamento economico e sociale dell’Italia. Getta alle ortiche la sua unica, vera, ricchezza, un tesoro che ci fa esistere nel mondo con rispetto e grandeprestigio, ma non ci dice perché. Ci dice che c’è la crisi e basta e che bisogna risparmiare dove si può. E siccome della Cultura si può fare a meno, perché in fondo è un passatempo, dalle sue casse si può togliere quasi tutto.Nessun altro governo in Europa, in questo periodo di crisi, ha mai pensato di mettere al rogo risorse, come quelle culturali, che danno saldezza all’identità della nazione e che rappresentano una insostituibile difesa contro le derive depressive della crisi. Non solo, ma gli altri paesi civili hanno individuato nelle ricchezze della Cultura un terreno su cui operare investimenti preziosi e fruttuosi.Il governo Berlusconi non si è fatto scrupoli a decidere un tale sfacelo in quattro e quattr’otto. Ha messo in ginocchio un settore così strategico e importante del nostro Paese, insieme con l'esercito dei suoi operatori e lavoratori, senza chiedersi come“risparmiare” e come inserirlo in un processo più vasto di riassesto produttivo generale. Gli italiani, in questi giorni di lacrime e sangue, scoprono di vivere su una nave senza timone, che va dove la portano le onde. Di là i miliardi intascati dai corrotti del Palazzo, di qua precariato, cassa integrazione e licenziamenti. Fino a ieri ci dicevano che la crisi era solo virtuale. Adesso ci dicono l'opposto, che la crisi c’era anche prima e che «abbiamo scherzato». Se un governo non è in grado di dare prospettive, di dirci dove sta andando e dove vuole portarci, dovrebbe rassegnare le dimissioni. Berlusconi invece prende tempo e mobilita, umiliandolo, il Parlamento per questioni relative ai suoi personali interessi. È urgentissimo spegnere i fari su Alfano e accenderlisulle persone, sulle categorie e sulle forze che sono in grado di elaborare un piano d’uscita dalla crisi, serio e credibile. Lepiazze cominciano a riempirsi di gente che non si fa violentare. Adesso tocca agli operatori della Cultura, che non difendono solo il loro lavoro, ma il prestigio e la dignità di tutto il Paese. Sono offesi dalla superficialità e dal disprezzo con cui sono stati messi da parte, quasi con un calcio nel sedere. Istituzioni gloriose e secolari, talenti costruiti nel tempo, esperienze straordinarie che sono patrimonio dell'umanità, vengono cancellati nel giro di poche ore, con un paio di telefonate, tra un paio di ministri. Ovviamente incolti.A fianco degli artisti e dei lavoratori dello Spettacolo e della Cultura, dovrebbero far sentire la loro voce tutti gli italiani, anche quelli che vivono di solo pane. A causa dei tagli mortali alla Cultura, si rendono conto di essere governati da chi ha solo idee confuse, da chi va avanti alla giornata. È questo che fa più paura, al di là della porcata anticulturale e “ideologica” della destra al governo.

    07 giugno 2010

    Commento by anonimo — 7 Giugno 2010 @ 14:36

  10. GOVERNARE A VANVERAdi Vincenzo Ceramitutti gli articoli dell'autore

    Nel brutale e sadico colpo mortale che ilgoverno ha inferto alla Cultura c’è qualcosa che dovrebbe spaventare tutto il Paese. Mi riferisco non già alla riduttiva concezione che la destra ha da sempre delle nostre bellezze naturali e del nostro talento artistico, ma alla drammatica e lampante certezza di essere governati da gente che non sa da quale parte andare.I tagli alla cieca sul budget dei Beni Culturali ci dicono che il governo non ha alcun progetto teso al risanamento economico e sociale dell’Italia. Getta alle ortiche la sua unica, vera, ricchezza, un tesoro che ci fa esistere nel mondo con rispetto e grandeprestigio, ma non ci dice perché. Ci dice che c’è la crisi e basta e che bisogna risparmiare dove si può. E siccome della Cultura si può fare a meno, perché in fondo è un passatempo, dalle sue casse si può togliere quasi tutto.Nessun altro governo in Europa, in questo periodo di crisi, ha mai pensato di mettere al rogo risorse, come quelle culturali, che danno saldezza all’identità della nazione e che rappresentano una insostituibile difesa contro le derive depressive della crisi. Non solo, ma gli altri paesi civili hanno individuato nelle ricchezze della Cultura un terreno su cui operare investimenti preziosi e fruttuosi.Il governo Berlusconi non si è fatto scrupoli a decidere un tale sfacelo in quattro e quattr’otto. Ha messo in ginocchio un settore così strategico e importante del nostro Paese, insieme con l'esercito dei suoi operatori e lavoratori, senza chiedersi come“risparmiare” e come inserirlo in un processo più vasto di riassesto produttivo generale. Gli italiani, in questi giorni di lacrime e sangue, scoprono di vivere su una nave senza timone, che va dove la portano le onde. Di là i miliardi intascati dai corrotti del Palazzo, di qua precariato, cassa integrazione e licenziamenti. Fino a ieri ci dicevano che la crisi era solo virtuale. Adesso ci dicono l'opposto, che la crisi c’era anche prima e che «abbiamo scherzato». Se un governo non è in grado di dare prospettive, di dirci dove sta andando e dove vuole portarci, dovrebbe rassegnare le dimissioni. Berlusconi invece prende tempo e mobilita, umiliandolo, il Parlamento per questioni relative ai suoi personali interessi. È urgentissimo spegnere i fari su Alfano e accenderlisulle persone, sulle categorie e sulle forze che sono in grado di elaborare un piano d’uscita dalla crisi, serio e credibile. Lepiazze cominciano a riempirsi di gente che non si fa violentare. Adesso tocca agli operatori della Cultura, che non difendono solo il loro lavoro, ma il prestigio e la dignità di tutto il Paese. Sono offesi dalla superficialità e dal disprezzo con cui sono stati messi da parte, quasi con un calcio nel sedere. Istituzioni gloriose e secolari, talenti costruiti nel tempo, esperienze straordinarie che sono patrimonio dell'umanità, vengono cancellati nel giro di poche ore, con un paio di telefonate, tra un paio di ministri. Ovviamente incolti.A fianco degli artisti e dei lavoratori dello Spettacolo e della Cultura, dovrebbero far sentire la loro voce tutti gli italiani, anche quelli che vivono di solo pane. A causa dei tagli mortali alla Cultura, si rendono conto di essere governati da chi ha solo idee confuse, da chi va avanti alla giornata. È questo che fa più paura, al di là della porcata anticulturale e “ideologica” della destra al governo.

    07 giugno 2010

    Commento by anonimo — 7 Giugno 2010 @ 14:36

  11. Tagli e bavagli, artisti e stampa in piazza«Fare di tutto per salvare cultura e democrazia»
    di Luca del Fra «La cultura è un diritto, la cultura è una risorsa». All'insegna di questo motto si sta svolgento la manifestazione a Piazza Navona a Roma. Oltre ai lavoratori dei teatri d’opera ci sono quelli di cinema, teatro di prosa, musica e danza, autori, istituti culturali, la Fnsi, Articolo 21 e Usigrai. Sempre oggi il Pd lancia una giornata di sensibilizzazione sulla cultura e l’informazione in una decina di città. Sul quotidiano in edicola interventi di Ettore Scola, Vittorio Emiliani e Vincenzo Cerami. FOTOG

    Commento by anonimo — 7 Giugno 2010 @ 15:25

  12. Tagli e bavagli, artisti e stampa in piazza«Fare di tutto per salvare cultura e democrazia»
    di Luca del Fra «La cultura è un diritto, la cultura è una risorsa». All'insegna di questo motto si sta svolgento la manifestazione a Piazza Navona a Roma. Oltre ai lavoratori dei teatri d’opera ci sono quelli di cinema, teatro di prosa, musica e danza, autori, istituti culturali, la Fnsi, Articolo 21 e Usigrai. Sempre oggi il Pd lancia una giornata di sensibilizzazione sulla cultura e l’informazione in una decina di città. Sul quotidiano in edicola interventi di Ettore Scola, Vittorio Emiliani e Vincenzo Cerami. FOTOG

    Commento by anonimo — 7 Giugno 2010 @ 15:25

  13. Verona: dopo il Galà della Lirica ieri sera la protesta dei cantanti in diretta

    La Clerici declama la rabbia contro Bondi. Il testo del comunicato letto su RaiUno.

    Elisabetta Reguitti

    Contro i tagli alla cultura previsti da Bondi, oggi manifestazione in piazza Navona, a Roma.

    L'antipasto c'è stato, ieri sera, al Galà della Lirica in onda da Verona.

    Non hanno mollato e alla fine qualcosa hanno ottenuto i lavoratori della Fondazione Arena di Verona protagonisti ieri sera del “Galà della Lirica”, andato in onda su Rai 1 alle 21,30, condotto da Antonella Clerici: è stata una settimana piuttosto intensa di contrattazione su come attuare la protesta sulle ripercussioni al decreto Bondi.

    Loro avevano chiesto di eseguire, in apertura di serata, l'inno di Mameli. Proposta bocciata. Avevano rilanciato con la lettura del comunicato che pubblichiamo sotto in forma integrale.

     

    Un appello alle istituzioni in diretta
    Alla fine i lavoratori hanno dovuto accettare di poter fare solo un appello alle istituzioni . “La Rai ci concede solo uno spazio per poter chiedere alle istituzioni politiche di ritirare il decreto Bondi al contrario non si entrerà nel merito della questione legata alla precarizzazione di molti di noi “ commenta Dario Carbone segretario Fials.

    La lettura del testo sarà fatta dalla conduttrice
    La lettura del testo verrà fatta dalla conduttrice e non ai lavoratori; meglio di niente come invece sembrava prima della lunga trattativa. Per l'inno d'Italia ci sarà tempo durante tutte le 50 repliche della stagione lirica estiva in Arena mentre oggi l'appuntamento è a Roma in piazza Navona per la grande manifestazione contro i tagli alla cultura dei lavoratori e non ai manager che gestiscono: nel caso della fondazione Arena di Verona, ad esempio, il sovrintendente Girondini percepisce un compenso di 200 mila euro e la proposta di un premio di altri 50 mila.

    IL TESTO INTEGRALE DEL COMUNICATO
    "Questa sera i lavoratori della Fondazione Arena di Verona si uniscono a quelli di tutti i teatri lirici italiani nella protesta in atto contro il decreto legge emanato d’urgenza il 30 aprile dal Ministro dei Beni Culturali. Il Consiglio dei Ministri, invece di approntare un iter parlamentare finalizzato a una seria e condivisa riforma dello spettacolo dal vivo, ha scelto di ricorrere ad un decreto che, anziché individuare gli sprechi VERI NELLA GESTIONE (e le responsabilità degli amministratori) dei teatri, sancisce di fatto la scomparsa dei Corpi di Ballo, la precarizzazione di migliaia di lavoratori, di arti e mestieri altamente specializzati, la decurtazione dei salari ed il blocco delle assunzioni. La Costituzione, all’art. 9, promuove lo sviluppo della cultura: noi continueremo a far sentire la nostra voce e la nostra musica a sua difesa. Siamo contrari alla mera classificazione di mercato dei teatri lirici come previsto nel decreto: devono restare patrimonio nazionale integro e intangibile ed in tal senso sostenuto e incentivato dallo Stato. Vogliamo credere che i lavoratori, non solo dello spettacolo dal vivo ma dell’intero mondo del lavoro, siano considerati una risorsa e non un costo. Per tali principi ci appelliamo alle massime cariche istituzionali dello Stato affinchè venga abrogato il decreto legge nr 64 e contestualmente venga attuata l’auspicata globale riforma dello spettacolo. A nome di tutte le maestranze della Fondazione .Arena di Verona e delle rappresentanze sindacali CGIL CISL UIL E FIALS grazie per la Vs. cortese attenzione e buona serata".

    Commento by anonimo — 7 Giugno 2010 @ 15:31

  14. CULTURA: BONDI, INTERVERRO' CON FORZA SU SPRECHI

     

    Milano – Sandro Bondi assicura che interverra' con forza sugli sprechi della cultura e che non chiedera' piu' finanziamenti. Il ministro dei Beni culturali spiega: 'Penso che non dobbiamo chiedere piu' risorse economiche e fondi. La crisi di molti settori della cultura non dipende dalla mancanza di finanziamenti, anche in questo settore ci sono molti sprechi su cui bisogna intervenire e su cui interverro' con forza e determinazione'. . (AGI)

     

    (07 giugno 2010 ore 19.46)

    Commento by AutoOrgScala — 7 Giugno 2010 @ 22:06

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    Commento by Karim — 11 Luglio 2013 @ 10:08

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    Lunedì 7 Giugno si terrà a Roma una manifestazione della produzione culturale dello spettacolo in piazza Navona. « Il Sottoscala

    Trackback by http://pinta.vip — 28 Novembre 2019 @ 15:05

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    Lunedì 7 Giugno si terrà a Roma una manifestazione della produzione culturale dello spettacolo in piazza Navona. « Il Sottoscala

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    Lunedì 7 Giugno si terrà a Roma una manifestazione della produzione culturale dello spettacolo in piazza Navona. « Il Sottoscala

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