Il Sottoscala Per Abbado un Albero in Piazza Scala

6 Gennaio 2010

Lo Stato dimentica l’amianto killer

Filed under: Uncategorized — Tag: — Lavoratoriscala @ 22:20

           Sono passati, ormai e purtroppo, molti anni da quando ci siamo resi conto che tante vittime dell’amianto potevano essere salvate, da quando abbiamo tutti capito che le responsabilità per la tragedia causata da questa fibra–killer sono molteplici e di varia origine, da quando persino le aziende hanno cessato di negare le gravissime e letali conseguenze delle esposizioni all’amianto (purché a loro non attribuibili).
E siamo tutti, lavoratori ed ex lavoratori, cittadini normali e uomini politici, amministratori pubblici e imprenditori, consapevoli del fatto che per decenni questo Stato ha accettato che semplici operai contraessero gravi malattie e morissero a causa del lavoro, per aver avuto a che fare con l’amianto, nonostante la storica evidenza scientifica della natura cancerogena genotossica dell’asbesto: senza intervenire su quella produzione di morte, in nome e a tutela del profitto.
Ma quello che è, per certi versi, ancora più sorprendente è che alla data di oggi – fine 2008 – i lavoratori si vedono ancora costretti a combattere dure, difficili e costose battaglie (anche legali) per ottenere il riconoscimento di quanto dovrebbe essere loro immediatamente dovuto: il riconoscimento del loro diritto alla salute, alla integrità fisio–psichica e, nei casi più malaugurati, ad un risarcimento–indennizzo adeguato e decoroso.
Colpisce sempre invece il comportamento farisaico di una certa classe politica e di Governo che, pur non potendo più negare i letali influssi sui lavoratori dell’amianto, ne disconosce però quelle che dovrebbero ritenersi naturali e logiche conseguenze: sia a livello legislativo, sia a livello di direttive agli enti amministrativi preposti (Inail, Inps, ecc), sia pure a livello di amministrazione delle cause giudiziarie (civili, amministrative e penali).
Nella nostra Carta Costituzionale, così come in tutte le dichiarazioni internazionali (sia europee che mondiali) a tutela dell’uomo, sono inseriti i principi fondamentali che dovrebbero costituire il punto di riferimento, il faro, per ogni azione di Governo.
E tra questi principi, rientrano come insopprimibili e inalienabili il diritto alla salute e il diritto alla propria integrità fisio–psichica: con una sola espressione, il diritto al rispetto della persona e della sua dignità.
La triste vicenda dell’amianto ci conferma invece che siamo ancora lontani dal pieno riconoscimento di questo diritto. Ciò non ci impedisce però di continuare a lavorare e a lottare per fare in modo che i diritti dell’uomo, in concreto e non solo in astratto, possano essere pienamente e pacificamente riconosciuti, a ogni livello e in ogni settore della nostra vita: da quello politico a quello giudiziario, da quello sociale a quello amministrativo.

Ringraziamo l’avv. Ezio Bonanni per aver dato il suo consenso, permettendoci di rendere disponibile su internet, il suo libro.

 

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Lo Stato dimentica l’amianto killer
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11 Comments

  1. gio 7 dic 2009
    Sfruttamento, inquinamento e sostanze cancerogene: non esiste nessun limite accettabile o soglia di tolleranza

    La società in cui viviamo considera normale che degli esseri umani perdano la vita o subiscano gravi infortuni sul lavoro con invalidità permanenti, e si preoccupa solo di contenere le perdite entro limiti considerati “accettabili” per non urtare l’opinione pubblica. In nome del profitto e dello sfruttamento del lavoro salariato, gli operai, i lavoratori continuano a morire sul lavoro e di lavoro. Per anni datori di lavoro e dirigenti – pur sapendo che certe sostanze cancerogene avrebbero avuto conseguenze gravissime sulla salute dei lavoratori – nella ricerca del massimo profitto non si sono fatti scrupoli, risparmiando anche sui pochi spiccioli per la sicurezza. Le sostanze cancerogene fatte usare nei processi industriali, sui luoghi di lavoro, dagli operai senza alcuna protezione da dirigenti e datori di lavoro che, pur sapendo dei rischi, nascondevano ai lavoratori  i pericoli mortali a cui andavano incontro (come nel caso dell’amianto), hanno provocato gravi danni umani, sociali, ambientali.

    Ogni anno migliaia di vite umane vengono sacrificate in una guerra non dichiarata che vede morti e feriti solo da parte operaia, da chi al mattino esce di casa per guadagnarsi da vivere e – spesso – a sera non ritorna . Ecco in sintesi le cifre di questa guerra:
    1.300 lavoratori in Italia ogni anno vengono assassinati sui posti di lavoro o perdono la vita a causa degli infortuni sul lavoro, a cui vanno aggiunti altre 4 mila vittime delle malattie professionali.
    Secondo l’Ufficio Internazionale del Lavoro, sono oltre 120.000 i decessi causati ogni anno da tumori provocati dall’esposizione all’amianto. Anche i dati forniti dalla Conferenza Mondiale sull’Amianto, che si è tenuta in Giappone nel 2004, parlano di oltre 70.000 persone che muoiono per cancro polmonare e circa 44.000 per mesotelioma pleurico.
    L’amianto come tutte le sostanze cancerogene modifica la molecola del DNA delle cellule dell’organismo umano causando rotture o mutazioni chimiche, provocando malfunzionamento che sono all’origine dei tumori. Quindi non esistono soglie di sicurezza o tolleranza alle sostanze cancerogene. Anche una sola fibra di amianto può generare il mesotelioma. Per gli inquinanti cancerogeni non basta predisporre dispositivi di protezione individuali o collettivi per la riduzione del rischio. Come movimento operaio e popolare noi siamo per il rischio zero e dobbiamo lottare per imporlo ai padroni. Non possiamo accettare sotto il ricatto del posto di lavoro di rimetterci la salute e la vita, e proprio per questo serve l’organizzazione.
    Molti di noi sanno per propria esperienza, e per i segni che portano nel corpo, che l’amianto ha creato e continua a creare gravi danni dal punto di vista umano, sanitario e ambientale; tuttavia questa verità trova molte resistenze ad essere riconosciuta. Le lotte di operai, lavoratori e cittadini che in questi anni si sono auto organizzati in Comitati  e Associazioni hanno contribuito a rompere il muro di omertà e complicità con i responsabili di questi assassinii, facendo pressione sulle istituzioni, “costringendoli” a perseguire i responsabili e ottenendo in alcuni, pochi casi, un briciolo di giustizia. Tuttavia ancora molto rimane da fare
    Governi e istituzioni che riconoscono come legittimo il profitto, che arrivano a legalizzare punendo con una semplice ammenda gli omicidi e i morti sul lavoro e di lavoro, dimostrano la loro natura di classe e di essere al servizio solo di una parte ben precisa di cittadini: quella degli industriali responsabili di queste stragi operaie. Per troppi anni le istituzioni hanno tollerato e coperto questi omicidi.
    Non si può subordinare la salute e la vita umana ai costi economici aziendali o ai bilanci dello stato. Senza rispetto per la vita umana, gli operai, i lavoratori continueranno a morire sul lavoro e di lavoro e le sostanze cancerogene presenti sul territorio, se non si eliminano bonificandolo, ad uccidere gli esseri umani e la natura.
    Dobbiamo fare in modo che chi partecipa ai vari convegni delle associazioni – medici, ricercatori, tecnici, giudici, sindacalisti, politici o altro – prenda degli impegni ed esigere che vengano  rispettati e non, come succede spesso, i dibattiti sull’argomento siano semplicemente una passerella.
    Noi siamo contro la monetizzazione della salute e della vita umana e non possiamo accettare la “normalità” dei morti sul lavoro e di lavoro e che la nostra vita sia valutata da un tribunale dopo che ci siamo ammalati o morti.
    Anche se non ci facciamo illusioni continuiamo a denunciare lo Stato Italiano che, non rispettando neanche la costituzione e spendendo miliardi di soldi pubblici per finanziare speculatori, banche, imprese a scapito della salute dei lavoratori e dei cittadini, è al servizio di una sola categoria di cittadini, quelli della classe borghese.
    Il capitalismo, il sistema imperialista,  nella ricerca del massimo profitto e dell’acuirsi della concorrenza commerciale, genera continuamente nuove guerre, armi di distruzione di massa e tecnologie che – inserite nel processi lavorativi e di produzione – portano nuove malattie e morte.
    La crisi ha evidenziato una sostanziale identità di interessi fra i rappresentanti di “destra” e di “sinistra” del capitale nella difesa del sistema. Il capitalismo – anche quando rispetta e non trasgredisce le sue leggi, essendo basato sullo sfruttamento e sull’espropriazione dell’operaio, del lavoratore individuale e collettivo – rapina “normalmente” i proletari. Non abbiamo mai visto in Italia un padrone andare in galera per aver assassinato i lavoratori.
    Pensare di eliminare i morti sul lavoro e di lavoro sulla base dell’attuale sistema di produzione è come pensare di essere liberi pur essendo in prigione. Noi non ci limitiamo a piangerli ma continuiamo a lottare. Gli omicidi dei lavoratori non sono altro che il prezzo pagato dagli sfruttati sull’altare del profitto. Essi sono il prodotto del capitalismo industriale, il capitalismo “buono” che viene spesso contrapposto a quello “cattivo” della finanza e delle banche. Tuttavia ci opporremo con forza a che si facciano nuove leggi che concedono ancor più  l’impunità ai padroni assassini.
    Anni di delega a partiti e sindacati che riconoscono la legittimità del profitto non hanno risolto i nostri problemi. La nostra esperienza ci dimostra che solo partecipando in prima persona, organizzandoci sui nostri interessi, la battaglia per la difesa della salute, contro lo sfruttamento degli esseri umani e la distruzione della natura può avere una prospettiva di vittoria.
    Non basta che i diritti siano scritti sulla carta, non basta lottare per conquistarli: in questa società i diritti vanno difesi e riconquistati ogni giorno.

    Il presidente del “Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio”
    Michele Michelino

    Commento by AutoOrgScala — 6 Gennaio 2010 @ 22:34

  2. gio 7 dic 2009
    Sfruttamento, inquinamento e sostanze cancerogene: non esiste nessun limite accettabile o soglia di tolleranza

    La società in cui viviamo considera normale che degli esseri umani perdano la vita o subiscano gravi infortuni sul lavoro con invalidità permanenti, e si preoccupa solo di contenere le perdite entro limiti considerati “accettabili” per non urtare l’opinione pubblica. In nome del profitto e dello sfruttamento del lavoro salariato, gli operai, i lavoratori continuano a morire sul lavoro e di lavoro. Per anni datori di lavoro e dirigenti – pur sapendo che certe sostanze cancerogene avrebbero avuto conseguenze gravissime sulla salute dei lavoratori – nella ricerca del massimo profitto non si sono fatti scrupoli, risparmiando anche sui pochi spiccioli per la sicurezza. Le sostanze cancerogene fatte usare nei processi industriali, sui luoghi di lavoro, dagli operai senza alcuna protezione da dirigenti e datori di lavoro che, pur sapendo dei rischi, nascondevano ai lavoratori  i pericoli mortali a cui andavano incontro (come nel caso dell’amianto), hanno provocato gravi danni umani, sociali, ambientali.

    Ogni anno migliaia di vite umane vengono sacrificate in una guerra non dichiarata che vede morti e feriti solo da parte operaia, da chi al mattino esce di casa per guadagnarsi da vivere e – spesso – a sera non ritorna . Ecco in sintesi le cifre di questa guerra:
    1.300 lavoratori in Italia ogni anno vengono assassinati sui posti di lavoro o perdono la vita a causa degli infortuni sul lavoro, a cui vanno aggiunti altre 4 mila vittime delle malattie professionali.
    Secondo l’Ufficio Internazionale del Lavoro, sono oltre 120.000 i decessi causati ogni anno da tumori provocati dall’esposizione all’amianto. Anche i dati forniti dalla Conferenza Mondiale sull’Amianto, che si è tenuta in Giappone nel 2004, parlano di oltre 70.000 persone che muoiono per cancro polmonare e circa 44.000 per mesotelioma pleurico.
    L’amianto come tutte le sostanze cancerogene modifica la molecola del DNA delle cellule dell’organismo umano causando rotture o mutazioni chimiche, provocando malfunzionamento che sono all’origine dei tumori. Quindi non esistono soglie di sicurezza o tolleranza alle sostanze cancerogene. Anche una sola fibra di amianto può generare il mesotelioma. Per gli inquinanti cancerogeni non basta predisporre dispositivi di protezione individuali o collettivi per la riduzione del rischio. Come movimento operaio e popolare noi siamo per il rischio zero e dobbiamo lottare per imporlo ai padroni. Non possiamo accettare sotto il ricatto del posto di lavoro di rimetterci la salute e la vita, e proprio per questo serve l’organizzazione.
    Molti di noi sanno per propria esperienza, e per i segni che portano nel corpo, che l’amianto ha creato e continua a creare gravi danni dal punto di vista umano, sanitario e ambientale; tuttavia questa verità trova molte resistenze ad essere riconosciuta. Le lotte di operai, lavoratori e cittadini che in questi anni si sono auto organizzati in Comitati  e Associazioni hanno contribuito a rompere il muro di omertà e complicità con i responsabili di questi assassinii, facendo pressione sulle istituzioni, “costringendoli” a perseguire i responsabili e ottenendo in alcuni, pochi casi, un briciolo di giustizia. Tuttavia ancora molto rimane da fare
    Governi e istituzioni che riconoscono come legittimo il profitto, che arrivano a legalizzare punendo con una semplice ammenda gli omicidi e i morti sul lavoro e di lavoro, dimostrano la loro natura di classe e di essere al servizio solo di una parte ben precisa di cittadini: quella degli industriali responsabili di queste stragi operaie. Per troppi anni le istituzioni hanno tollerato e coperto questi omicidi.
    Non si può subordinare la salute e la vita umana ai costi economici aziendali o ai bilanci dello stato. Senza rispetto per la vita umana, gli operai, i lavoratori continueranno a morire sul lavoro e di lavoro e le sostanze cancerogene presenti sul territorio, se non si eliminano bonificandolo, ad uccidere gli esseri umani e la natura.
    Dobbiamo fare in modo che chi partecipa ai vari convegni delle associazioni – medici, ricercatori, tecnici, giudici, sindacalisti, politici o altro – prenda degli impegni ed esigere che vengano  rispettati e non, come succede spesso, i dibattiti sull’argomento siano semplicemente una passerella.
    Noi siamo contro la monetizzazione della salute e della vita umana e non possiamo accettare la “normalità” dei morti sul lavoro e di lavoro e che la nostra vita sia valutata da un tribunale dopo che ci siamo ammalati o morti.
    Anche se non ci facciamo illusioni continuiamo a denunciare lo Stato Italiano che, non rispettando neanche la costituzione e spendendo miliardi di soldi pubblici per finanziare speculatori, banche, imprese a scapito della salute dei lavoratori e dei cittadini, è al servizio di una sola categoria di cittadini, quelli della classe borghese.
    Il capitalismo, il sistema imperialista,  nella ricerca del massimo profitto e dell’acuirsi della concorrenza commerciale, genera continuamente nuove guerre, armi di distruzione di massa e tecnologie che – inserite nel processi lavorativi e di produzione – portano nuove malattie e morte.
    La crisi ha evidenziato una sostanziale identità di interessi fra i rappresentanti di “destra” e di “sinistra” del capitale nella difesa del sistema. Il capitalismo – anche quando rispetta e non trasgredisce le sue leggi, essendo basato sullo sfruttamento e sull’espropriazione dell’operaio, del lavoratore individuale e collettivo – rapina “normalmente” i proletari. Non abbiamo mai visto in Italia un padrone andare in galera per aver assassinato i lavoratori.
    Pensare di eliminare i morti sul lavoro e di lavoro sulla base dell’attuale sistema di produzione è come pensare di essere liberi pur essendo in prigione. Noi non ci limitiamo a piangerli ma continuiamo a lottare. Gli omicidi dei lavoratori non sono altro che il prezzo pagato dagli sfruttati sull’altare del profitto. Essi sono il prodotto del capitalismo industriale, il capitalismo “buono” che viene spesso contrapposto a quello “cattivo” della finanza e delle banche. Tuttavia ci opporremo con forza a che si facciano nuove leggi che concedono ancor più  l’impunità ai padroni assassini.
    Anni di delega a partiti e sindacati che riconoscono la legittimità del profitto non hanno risolto i nostri problemi. La nostra esperienza ci dimostra che solo partecipando in prima persona, organizzandoci sui nostri interessi, la battaglia per la difesa della salute, contro lo sfruttamento degli esseri umani e la distruzione della natura può avere una prospettiva di vittoria.
    Non basta che i diritti siano scritti sulla carta, non basta lottare per conquistarli: in questa società i diritti vanno difesi e riconquistati ogni giorno.

    Il presidente del “Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio”
    Michele Michelino

    Commento by AutoOrgScala — 6 Gennaio 2010 @ 22:34

  3. gio 7 dic 2009
    Sfruttamento, inquinamento e sostanze cancerogene: non esiste nessun limite accettabile o soglia di tolleranza

    La società in cui viviamo considera normale che degli esseri umani perdano la vita o subiscano gravi infortuni sul lavoro con invalidità permanenti, e si preoccupa solo di contenere le perdite entro limiti considerati “accettabili” per non urtare l’opinione pubblica. In nome del profitto e dello sfruttamento del lavoro salariato, gli operai, i lavoratori continuano a morire sul lavoro e di lavoro. Per anni datori di lavoro e dirigenti – pur sapendo che certe sostanze cancerogene avrebbero avuto conseguenze gravissime sulla salute dei lavoratori – nella ricerca del massimo profitto non si sono fatti scrupoli, risparmiando anche sui pochi spiccioli per la sicurezza. Le sostanze cancerogene fatte usare nei processi industriali, sui luoghi di lavoro, dagli operai senza alcuna protezione da dirigenti e datori di lavoro che, pur sapendo dei rischi, nascondevano ai lavoratori  i pericoli mortali a cui andavano incontro (come nel caso dell’amianto), hanno provocato gravi danni umani, sociali, ambientali.

    Ogni anno migliaia di vite umane vengono sacrificate in una guerra non dichiarata che vede morti e feriti solo da parte operaia, da chi al mattino esce di casa per guadagnarsi da vivere e – spesso – a sera non ritorna . Ecco in sintesi le cifre di questa guerra:
    1.300 lavoratori in Italia ogni anno vengono assassinati sui posti di lavoro o perdono la vita a causa degli infortuni sul lavoro, a cui vanno aggiunti altre 4 mila vittime delle malattie professionali.
    Secondo l’Ufficio Internazionale del Lavoro, sono oltre 120.000 i decessi causati ogni anno da tumori provocati dall’esposizione all’amianto. Anche i dati forniti dalla Conferenza Mondiale sull’Amianto, che si è tenuta in Giappone nel 2004, parlano di oltre 70.000 persone che muoiono per cancro polmonare e circa 44.000 per mesotelioma pleurico.
    L’amianto come tutte le sostanze cancerogene modifica la molecola del DNA delle cellule dell’organismo umano causando rotture o mutazioni chimiche, provocando malfunzionamento che sono all’origine dei tumori. Quindi non esistono soglie di sicurezza o tolleranza alle sostanze cancerogene. Anche una sola fibra di amianto può generare il mesotelioma. Per gli inquinanti cancerogeni non basta predisporre dispositivi di protezione individuali o collettivi per la riduzione del rischio. Come movimento operaio e popolare noi siamo per il rischio zero e dobbiamo lottare per imporlo ai padroni. Non possiamo accettare sotto il ricatto del posto di lavoro di rimetterci la salute e la vita, e proprio per questo serve l’organizzazione.
    Molti di noi sanno per propria esperienza, e per i segni che portano nel corpo, che l’amianto ha creato e continua a creare gravi danni dal punto di vista umano, sanitario e ambientale; tuttavia questa verità trova molte resistenze ad essere riconosciuta. Le lotte di operai, lavoratori e cittadini che in questi anni si sono auto organizzati in Comitati  e Associazioni hanno contribuito a rompere il muro di omertà e complicità con i responsabili di questi assassinii, facendo pressione sulle istituzioni, “costringendoli” a perseguire i responsabili e ottenendo in alcuni, pochi casi, un briciolo di giustizia. Tuttavia ancora molto rimane da fare
    Governi e istituzioni che riconoscono come legittimo il profitto, che arrivano a legalizzare punendo con una semplice ammenda gli omicidi e i morti sul lavoro e di lavoro, dimostrano la loro natura di classe e di essere al servizio solo di una parte ben precisa di cittadini: quella degli industriali responsabili di queste stragi operaie. Per troppi anni le istituzioni hanno tollerato e coperto questi omicidi.
    Non si può subordinare la salute e la vita umana ai costi economici aziendali o ai bilanci dello stato. Senza rispetto per la vita umana, gli operai, i lavoratori continueranno a morire sul lavoro e di lavoro e le sostanze cancerogene presenti sul territorio, se non si eliminano bonificandolo, ad uccidere gli esseri umani e la natura.
    Dobbiamo fare in modo che chi partecipa ai vari convegni delle associazioni – medici, ricercatori, tecnici, giudici, sindacalisti, politici o altro – prenda degli impegni ed esigere che vengano  rispettati e non, come succede spesso, i dibattiti sull’argomento siano semplicemente una passerella.
    Noi siamo contro la monetizzazione della salute e della vita umana e non possiamo accettare la “normalità” dei morti sul lavoro e di lavoro e che la nostra vita sia valutata da un tribunale dopo che ci siamo ammalati o morti.
    Anche se non ci facciamo illusioni continuiamo a denunciare lo Stato Italiano che, non rispettando neanche la costituzione e spendendo miliardi di soldi pubblici per finanziare speculatori, banche, imprese a scapito della salute dei lavoratori e dei cittadini, è al servizio di una sola categoria di cittadini, quelli della classe borghese.
    Il capitalismo, il sistema imperialista,  nella ricerca del massimo profitto e dell’acuirsi della concorrenza commerciale, genera continuamente nuove guerre, armi di distruzione di massa e tecnologie che – inserite nel processi lavorativi e di produzione – portano nuove malattie e morte.
    La crisi ha evidenziato una sostanziale identità di interessi fra i rappresentanti di “destra” e di “sinistra” del capitale nella difesa del sistema. Il capitalismo – anche quando rispetta e non trasgredisce le sue leggi, essendo basato sullo sfruttamento e sull’espropriazione dell’operaio, del lavoratore individuale e collettivo – rapina “normalmente” i proletari. Non abbiamo mai visto in Italia un padrone andare in galera per aver assassinato i lavoratori.
    Pensare di eliminare i morti sul lavoro e di lavoro sulla base dell’attuale sistema di produzione è come pensare di essere liberi pur essendo in prigione. Noi non ci limitiamo a piangerli ma continuiamo a lottare. Gli omicidi dei lavoratori non sono altro che il prezzo pagato dagli sfruttati sull’altare del profitto. Essi sono il prodotto del capitalismo industriale, il capitalismo “buono” che viene spesso contrapposto a quello “cattivo” della finanza e delle banche. Tuttavia ci opporremo con forza a che si facciano nuove leggi che concedono ancor più  l’impunità ai padroni assassini.
    Anni di delega a partiti e sindacati che riconoscono la legittimità del profitto non hanno risolto i nostri problemi. La nostra esperienza ci dimostra che solo partecipando in prima persona, organizzandoci sui nostri interessi, la battaglia per la difesa della salute, contro lo sfruttamento degli esseri umani e la distruzione della natura può avere una prospettiva di vittoria.
    Non basta che i diritti siano scritti sulla carta, non basta lottare per conquistarli: in questa società i diritti vanno difesi e riconquistati ogni giorno.

    Il presidente del “Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio”
    Michele Michelino

    Commento by AutoOrgScala — 6 Gennaio 2010 @ 22:34

  4. gio 7 dic 2009
    Sfruttamento, inquinamento e sostanze cancerogene: non esiste nessun limite accettabile o soglia di tolleranza

    La società in cui viviamo considera normale che degli esseri umani perdano la vita o subiscano gravi infortuni sul lavoro con invalidità permanenti, e si preoccupa solo di contenere le perdite entro limiti considerati “accettabili” per non urtare l’opinione pubblica. In nome del profitto e dello sfruttamento del lavoro salariato, gli operai, i lavoratori continuano a morire sul lavoro e di lavoro. Per anni datori di lavoro e dirigenti – pur sapendo che certe sostanze cancerogene avrebbero avuto conseguenze gravissime sulla salute dei lavoratori – nella ricerca del massimo profitto non si sono fatti scrupoli, risparmiando anche sui pochi spiccioli per la sicurezza. Le sostanze cancerogene fatte usare nei processi industriali, sui luoghi di lavoro, dagli operai senza alcuna protezione da dirigenti e datori di lavoro che, pur sapendo dei rischi, nascondevano ai lavoratori  i pericoli mortali a cui andavano incontro (come nel caso dell’amianto), hanno provocato gravi danni umani, sociali, ambientali.

    Ogni anno migliaia di vite umane vengono sacrificate in una guerra non dichiarata che vede morti e feriti solo da parte operaia, da chi al mattino esce di casa per guadagnarsi da vivere e – spesso – a sera non ritorna . Ecco in sintesi le cifre di questa guerra:
    1.300 lavoratori in Italia ogni anno vengono assassinati sui posti di lavoro o perdono la vita a causa degli infortuni sul lavoro, a cui vanno aggiunti altre 4 mila vittime delle malattie professionali.
    Secondo l’Ufficio Internazionale del Lavoro, sono oltre 120.000 i decessi causati ogni anno da tumori provocati dall’esposizione all’amianto. Anche i dati forniti dalla Conferenza Mondiale sull’Amianto, che si è tenuta in Giappone nel 2004, parlano di oltre 70.000 persone che muoiono per cancro polmonare e circa 44.000 per mesotelioma pleurico.
    L’amianto come tutte le sostanze cancerogene modifica la molecola del DNA delle cellule dell’organismo umano causando rotture o mutazioni chimiche, provocando malfunzionamento che sono all’origine dei tumori. Quindi non esistono soglie di sicurezza o tolleranza alle sostanze cancerogene. Anche una sola fibra di amianto può generare il mesotelioma. Per gli inquinanti cancerogeni non basta predisporre dispositivi di protezione individuali o collettivi per la riduzione del rischio. Come movimento operaio e popolare noi siamo per il rischio zero e dobbiamo lottare per imporlo ai padroni. Non possiamo accettare sotto il ricatto del posto di lavoro di rimetterci la salute e la vita, e proprio per questo serve l’organizzazione.
    Molti di noi sanno per propria esperienza, e per i segni che portano nel corpo, che l’amianto ha creato e continua a creare gravi danni dal punto di vista umano, sanitario e ambientale; tuttavia questa verità trova molte resistenze ad essere riconosciuta. Le lotte di operai, lavoratori e cittadini che in questi anni si sono auto organizzati in Comitati  e Associazioni hanno contribuito a rompere il muro di omertà e complicità con i responsabili di questi assassinii, facendo pressione sulle istituzioni, “costringendoli” a perseguire i responsabili e ottenendo in alcuni, pochi casi, un briciolo di giustizia. Tuttavia ancora molto rimane da fare
    Governi e istituzioni che riconoscono come legittimo il profitto, che arrivano a legalizzare punendo con una semplice ammenda gli omicidi e i morti sul lavoro e di lavoro, dimostrano la loro natura di classe e di essere al servizio solo di una parte ben precisa di cittadini: quella degli industriali responsabili di queste stragi operaie. Per troppi anni le istituzioni hanno tollerato e coperto questi omicidi.
    Non si può subordinare la salute e la vita umana ai costi economici aziendali o ai bilanci dello stato. Senza rispetto per la vita umana, gli operai, i lavoratori continueranno a morire sul lavoro e di lavoro e le sostanze cancerogene presenti sul territorio, se non si eliminano bonificandolo, ad uccidere gli esseri umani e la natura.
    Dobbiamo fare in modo che chi partecipa ai vari convegni delle associazioni – medici, ricercatori, tecnici, giudici, sindacalisti, politici o altro – prenda degli impegni ed esigere che vengano  rispettati e non, come succede spesso, i dibattiti sull’argomento siano semplicemente una passerella.
    Noi siamo contro la monetizzazione della salute e della vita umana e non possiamo accettare la “normalità” dei morti sul lavoro e di lavoro e che la nostra vita sia valutata da un tribunale dopo che ci siamo ammalati o morti.
    Anche se non ci facciamo illusioni continuiamo a denunciare lo Stato Italiano che, non rispettando neanche la costituzione e spendendo miliardi di soldi pubblici per finanziare speculatori, banche, imprese a scapito della salute dei lavoratori e dei cittadini, è al servizio di una sola categoria di cittadini, quelli della classe borghese.
    Il capitalismo, il sistema imperialista,  nella ricerca del massimo profitto e dell’acuirsi della concorrenza commerciale, genera continuamente nuove guerre, armi di distruzione di massa e tecnologie che – inserite nel processi lavorativi e di produzione – portano nuove malattie e morte.
    La crisi ha evidenziato una sostanziale identità di interessi fra i rappresentanti di “destra” e di “sinistra” del capitale nella difesa del sistema. Il capitalismo – anche quando rispetta e non trasgredisce le sue leggi, essendo basato sullo sfruttamento e sull’espropriazione dell’operaio, del lavoratore individuale e collettivo – rapina “normalmente” i proletari. Non abbiamo mai visto in Italia un padrone andare in galera per aver assassinato i lavoratori.
    Pensare di eliminare i morti sul lavoro e di lavoro sulla base dell’attuale sistema di produzione è come pensare di essere liberi pur essendo in prigione. Noi non ci limitiamo a piangerli ma continuiamo a lottare. Gli omicidi dei lavoratori non sono altro che il prezzo pagato dagli sfruttati sull’altare del profitto. Essi sono il prodotto del capitalismo industriale, il capitalismo “buono” che viene spesso contrapposto a quello “cattivo” della finanza e delle banche. Tuttavia ci opporremo con forza a che si facciano nuove leggi che concedono ancor più  l’impunità ai padroni assassini.
    Anni di delega a partiti e sindacati che riconoscono la legittimità del profitto non hanno risolto i nostri problemi. La nostra esperienza ci dimostra che solo partecipando in prima persona, organizzandoci sui nostri interessi, la battaglia per la difesa della salute, contro lo sfruttamento degli esseri umani e la distruzione della natura può avere una prospettiva di vittoria.
    Non basta che i diritti siano scritti sulla carta, non basta lottare per conquistarli: in questa società i diritti vanno difesi e riconquistati ogni giorno.

    Il presidente del “Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio”
    Michele Michelino

    Commento by AutoOrgScala — 6 Gennaio 2010 @ 22:34

  5. gio 7 dic 2009
    Sfruttamento, inquinamento e sostanze cancerogene: non esiste nessun limite accettabile o soglia di tolleranza

    La società in cui viviamo considera normale che degli esseri umani perdano la vita o subiscano gravi infortuni sul lavoro con invalidità permanenti, e si preoccupa solo di contenere le perdite entro limiti considerati “accettabili” per non urtare l’opinione pubblica. In nome del profitto e dello sfruttamento del lavoro salariato, gli operai, i lavoratori continuano a morire sul lavoro e di lavoro. Per anni datori di lavoro e dirigenti – pur sapendo che certe sostanze cancerogene avrebbero avuto conseguenze gravissime sulla salute dei lavoratori – nella ricerca del massimo profitto non si sono fatti scrupoli, risparmiando anche sui pochi spiccioli per la sicurezza. Le sostanze cancerogene fatte usare nei processi industriali, sui luoghi di lavoro, dagli operai senza alcuna protezione da dirigenti e datori di lavoro che, pur sapendo dei rischi, nascondevano ai lavoratori  i pericoli mortali a cui andavano incontro (come nel caso dell’amianto), hanno provocato gravi danni umani, sociali, ambientali.

    Ogni anno migliaia di vite umane vengono sacrificate in una guerra non dichiarata che vede morti e feriti solo da parte operaia, da chi al mattino esce di casa per guadagnarsi da vivere e – spesso – a sera non ritorna . Ecco in sintesi le cifre di questa guerra:
    1.300 lavoratori in Italia ogni anno vengono assassinati sui posti di lavoro o perdono la vita a causa degli infortuni sul lavoro, a cui vanno aggiunti altre 4 mila vittime delle malattie professionali.
    Secondo l’Ufficio Internazionale del Lavoro, sono oltre 120.000 i decessi causati ogni anno da tumori provocati dall’esposizione all’amianto. Anche i dati forniti dalla Conferenza Mondiale sull’Amianto, che si è tenuta in Giappone nel 2004, parlano di oltre 70.000 persone che muoiono per cancro polmonare e circa 44.000 per mesotelioma pleurico.
    L’amianto come tutte le sostanze cancerogene modifica la molecola del DNA delle cellule dell’organismo umano causando rotture o mutazioni chimiche, provocando malfunzionamento che sono all’origine dei tumori. Quindi non esistono soglie di sicurezza o tolleranza alle sostanze cancerogene. Anche una sola fibra di amianto può generare il mesotelioma. Per gli inquinanti cancerogeni non basta predisporre dispositivi di protezione individuali o collettivi per la riduzione del rischio. Come movimento operaio e popolare noi siamo per il rischio zero e dobbiamo lottare per imporlo ai padroni. Non possiamo accettare sotto il ricatto del posto di lavoro di rimetterci la salute e la vita, e proprio per questo serve l’organizzazione.
    Molti di noi sanno per propria esperienza, e per i segni che portano nel corpo, che l’amianto ha creato e continua a creare gravi danni dal punto di vista umano, sanitario e ambientale; tuttavia questa verità trova molte resistenze ad essere riconosciuta. Le lotte di operai, lavoratori e cittadini che in questi anni si sono auto organizzati in Comitati  e Associazioni hanno contribuito a rompere il muro di omertà e complicità con i responsabili di questi assassinii, facendo pressione sulle istituzioni, “costringendoli” a perseguire i responsabili e ottenendo in alcuni, pochi casi, un briciolo di giustizia. Tuttavia ancora molto rimane da fare
    Governi e istituzioni che riconoscono come legittimo il profitto, che arrivano a legalizzare punendo con una semplice ammenda gli omicidi e i morti sul lavoro e di lavoro, dimostrano la loro natura di classe e di essere al servizio solo di una parte ben precisa di cittadini: quella degli industriali responsabili di queste stragi operaie. Per troppi anni le istituzioni hanno tollerato e coperto questi omicidi.
    Non si può subordinare la salute e la vita umana ai costi economici aziendali o ai bilanci dello stato. Senza rispetto per la vita umana, gli operai, i lavoratori continueranno a morire sul lavoro e di lavoro e le sostanze cancerogene presenti sul territorio, se non si eliminano bonificandolo, ad uccidere gli esseri umani e la natura.
    Dobbiamo fare in modo che chi partecipa ai vari convegni delle associazioni – medici, ricercatori, tecnici, giudici, sindacalisti, politici o altro – prenda degli impegni ed esigere che vengano  rispettati e non, come succede spesso, i dibattiti sull’argomento siano semplicemente una passerella.
    Noi siamo contro la monetizzazione della salute e della vita umana e non possiamo accettare la “normalità” dei morti sul lavoro e di lavoro e che la nostra vita sia valutata da un tribunale dopo che ci siamo ammalati o morti.
    Anche se non ci facciamo illusioni continuiamo a denunciare lo Stato Italiano che, non rispettando neanche la costituzione e spendendo miliardi di soldi pubblici per finanziare speculatori, banche, imprese a scapito della salute dei lavoratori e dei cittadini, è al servizio di una sola categoria di cittadini, quelli della classe borghese.
    Il capitalismo, il sistema imperialista,  nella ricerca del massimo profitto e dell’acuirsi della concorrenza commerciale, genera continuamente nuove guerre, armi di distruzione di massa e tecnologie che – inserite nel processi lavorativi e di produzione – portano nuove malattie e morte.
    La crisi ha evidenziato una sostanziale identità di interessi fra i rappresentanti di “destra” e di “sinistra” del capitale nella difesa del sistema. Il capitalismo – anche quando rispetta e non trasgredisce le sue leggi, essendo basato sullo sfruttamento e sull’espropriazione dell’operaio, del lavoratore individuale e collettivo – rapina “normalmente” i proletari. Non abbiamo mai visto in Italia un padrone andare in galera per aver assassinato i lavoratori.
    Pensare di eliminare i morti sul lavoro e di lavoro sulla base dell’attuale sistema di produzione è come pensare di essere liberi pur essendo in prigione. Noi non ci limitiamo a piangerli ma continuiamo a lottare. Gli omicidi dei lavoratori non sono altro che il prezzo pagato dagli sfruttati sull’altare del profitto. Essi sono il prodotto del capitalismo industriale, il capitalismo “buono” che viene spesso contrapposto a quello “cattivo” della finanza e delle banche. Tuttavia ci opporremo con forza a che si facciano nuove leggi che concedono ancor più  l’impunità ai padroni assassini.
    Anni di delega a partiti e sindacati che riconoscono la legittimità del profitto non hanno risolto i nostri problemi. La nostra esperienza ci dimostra che solo partecipando in prima persona, organizzandoci sui nostri interessi, la battaglia per la difesa della salute, contro lo sfruttamento degli esseri umani e la distruzione della natura può avere una prospettiva di vittoria.
    Non basta che i diritti siano scritti sulla carta, non basta lottare per conquistarli: in questa società i diritti vanno difesi e riconquistati ogni giorno.

    Il presidente del “Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio”
    Michele Michelino

    Commento by AutoOrgScala — 6 Gennaio 2010 @ 22:34

  6. Seconda Conferenza Nazionale sull’amianto “Amianto e Giustizia”
    Relazione del 4° gruppo di lavoro: “Risarcire le vittime, riconoscere
    gli esposti”
     
    1. Relazione introduttiva del coordinatore Pierluigi Sostaro.
    La legge 257, con la quale tra l’altro si riconosceva un
    “risarcimento” previdenziale ai lavoratori esposti all’amianto, era
    del 1992. Già nei primi anni di applicazione si sono manifestate 2
    dinamiche contrapposte: Confindustria, partiti ad essa sensibili, INPS
    e INAIL hanno cercato di ridimensionare la sua portata; associazioni
    di esposti all’amianto, settori di sindacato e parlamentari attenti a
    questo grave problema hanno operato per estendere i riconoscimenti là
    dove la 257 aveva dei limiti: criteri garantisti ed equi per
    determinare l’esposizione, estensione del riconoscimento anche ai
    lavoratori esposti  per meno di 10 anni, applicazione della norma a
    chi si era dimesso prima del 1992. Intorno a questi obiettivi si è
    sviluppato il movimento dei lavoratori esposti.
    Negli ultimi anni la legislazione è peggiorata nettamente: sono stati
    introdotti criteri assurdi per il riconoscimento dell’esposizione (le
    100 fibre/ litro come media annua calcolata su 8 ore /giorno), il
    coefficiente moltiplicatore è stato tagliato da 1,5 a 1,25 e reso
    valido solo ai fini della determinazione dell’importo della pensione,
    non della maturazione del diritto di accesso (monetizzazione); è stato
    infine stabilito il termine ultimo della presentazione delle domande
    al 15 giugno 2005: una pietra tombale.
    Ancora nel 2006 un folto gruppo di senatori (primo firmatario Casson)
    presentò un disegno di legge organico per superare i problemi rimasti
    insoluti: risarcimento delle vittime, estensione del riconoscimento
    dell’esposizione, programma di tutela sanitaria, bonifiche ambientali.
    Di quel progetto organico, l’unico punto accolto dal governo Prodi
    nella Finanziaria 2008 concerneva il risarcimento delle vittime; fu un
    riconoscimento solo virtuale: a tutt’oggi neanche un centesimo è stato
    erogato.
    Il quadro istituzionale decisamente negativo non è riuscito tuttavia a
    seppellire la realtà del dramma crescente dell’amianto. Gli interventi
    della giornata di venerdì, le relazioni di sabato mattina hanno
    riferito dell’aumento vertiginoso dei casi di malattie asbesto
    correlate. Hanno testimoniato anche dell’emergere di nuovi movimenti
    sia nei luoghi di lavoro (ad esempio, il teatro alla Scala di Milano)
    che sul territorio (Comitati contro le discariche di amianto e per la
    bonifica di siti inquinati).
    Alla luce di questi fatti, propongo al gruppo di lavoro di discutere
    avendo l’obiettivo non di raccogliere le briciole di quanto è rimasto
    sulla tavola in tema di risarcimenti e di riconoscimento delle
    esposizioni, ma di estendere le tutele per far fronte alle nuove,
    cresciute  dimensioni dei danni provocati dall’amianto.
     
    2. Gli interventi.
    Hanno preso la parola 15 partecipanti al gruppo di lavoro. Difficile
    verbalizzare (senza chiedere conferma a ciascuno) quanto è stato
    detto; azzardo una sintesi:
    Diversi interventi hanno segnalato nuove realtà produttive in cui i
    lavoratori si sono trovati o si troveranno esposti alle fibre di
    amianto: oltre alla già citata Scala, i lavori di scoibentazione e
    bonifica, le ristrutturazioni pesanti di impianti industriali, le
    demolizioni di impianti per cambi di destinazione d’uso, lavori in
    appalti all’estero, cantieri navali,  marittimi imbarcati. In queste
    realtà spesso operano lavoratori extracomunitari, verso i quali è
    forte la tentazione di non applicare tutte le precauzioni e le tutele
    previste.
    Le disparità di trattamento dei lavoratori rispetto al riconoscimento
    della loro esposizione all’amianto, è stata esemplificata e discussa
    animatamente. Alla fine si è concordato che va superata la logica
    degli “atti di indirizzo” per arrivare a soluzioni da applicare a
    tutti i lavoratori, senza discriminazioni di nessun tipo (geografiche,
    di mansione, di realtà produttive pubbliche o private).
    Un altro nodo di problemi affrontati: come riproporre gli obiettivi di
    tutela in una situazione di difficoltà per il movimento dei
    lavoratori. Gli interventi hanno approfondito diversi aspetti: le
    motivazioni “morali” per la riapertura della “pratica amianto”, la
    dimensione collettiva insita nei movimenti di lotta, la possibilità di
    ricorsi legali individuali e/o di gruppo, il ricorso ad atti
    amministrativi nei confronti di INAIL e INPS, una strategia di ricorsi
    legali avverso le recenti leggi dello Stato italiano davanti alla
    Corte di Giustizia europea.
    Non si deve lasciarsi condizionare dalle sirene del “sano realismo”
    nella crisi e autolimitare gli  obiettivi: la salute è un bene
    primario che va salvaguardato in ogni circostanza, le risorse devono
    essere trovate.  E’ inaccettabile che l’INAIL  regali al Ministero
    della Finanze 12 miliardi di €, che non batta ciglio di fronte ad una
    evasione contributiva dell’assicurazione supplementare obbligatoria
    contro l’asbestosi  del 93 (novantatre) %!
    Infine, sulle tematiche dei risarcimenti alle vittime dell’amianto, da
    una parte si è riaffermata la necessità di estenderli a tutte le
    malattie asbesto correlate, dall’altra si è proposto di fornire alle
    vittime o ai loro familiari il sostegno legale gratuito.
     
    3. Sintesi del lavoro del 4° gruppo: relazione domenica 8 novembre.
    Il coordinatore ha esposto all’assemblea plenaria una sintesi della
    relazione e degli interventi, ed ha letto il testo del documento
    finale che si riporta di seguito.
    La proposta che il gruppo di lavoro avanza alla Conferenza è di
    rilanciare la mobilitazione contro l’amianto e i suoi effetti sulla
    salute dei lavoratori e dei cittadini, attraverso una pluralità di
    iniziative:
    ·       Sul piano indispensabile e fondamentale delle lotte
    ·       Nel confronto con le Istituzioni (Legislatore, Governo,
    Regioni, Enti come INAIL e INPS)
    ·       Facendo valere i diritti mediante il ricorso alla Magistratura.
     
    4. Documento finale. Risarcire le vittime, riconoscere gli esposti
    Torino, 08 novembre 2009
     
     
     
    Il gruppo di lavoro dopo ampia discussione converge sui seguenti punti:
    1)          Per quanto riguarda i cosiddetti benefici contributivi ex
    art. 13, comma 8, Legge 257/92, come è anche nello spirito del
    legislatore, ritiene che il termine “benefici” vada puntualizzato con
    quello più corretto di “parziale risarcimento”. Essere stati esposti
    all’amianto è un danno e non un privilegio. Pertanto, sulla base
    dell’esperienza pratica suffragata anche delle argomentazioni
    giuridiche, precisa che non c’è alcun limite di durata e di soglia di
    esposizione, né decadenze. Quindi, ci batteremo ancora per eliminare
    le soglie di esposizione a chi è stato vittima, come le 100 fibre
    litro, la durata (più di 10 anni) e i termini di domanda.
    Tali termini per le domande di riconoscimento dei benefici
    contributivi per esposizione all’amianto sono del tutto illegittimi,
    discriminatori e lesivi dei diritti individuali della carta
    Costituzionale e dalle leggi Europee.
    Sono del tutto inaccettabili le discriminazioni di cui risultano
    vittime i pensionati ante’92, che sono tra i più esposti.
    Ci battiamo affinchè  la maggiorazione contributiva valga sempre e
    comunque per maturare anticipatamente il diritto alla prestazione
    pensionistica, sempre e per tutti i lavoratori, con il moltiplicatore
    di 1,5, con anticipazione temporale pari al 50% del periodo di
    esposizione.
    Ci battiamo affinchè venga meno qualsiasi discriminazione di tipo
    geografico, di mansioni, di attività produttive (lavoratori pubblici e
    privati).
    Riteniamo che è più che mai aperta la partita di riconoscimento
    dell’esposizione in nuove realtà (teatro alla scala di Milano, settore
    delle bonifiche, ristrutturazioni importanti di impianti industriali,
    cantieri all’estero ed eventuali situazioni al momento non ancora
    conosciute o valutate).
    Riteniamo che eventuali crisi economiche, o deficit di bilancio, non
    valgano a giustificare la negazione dei sacrosanti diritti dei
    lavoratori esposti e vittime dell’amianto.
     
     
    2)                  …

    Commento by AutoOrgScala — 12 Gennaio 2010 @ 22:12

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