Tiberio Paolone e morto domenica 3 marzo. Ha lottato fino alla fine contro la malattia, il “mesotelioma maligno monofasico epiteliomorfo”, la malattia che colpisce tutte quelle persone che come lui sono state esposte e hanno respirato l’amianto. Tiberio è stato ucciso dall’amianto. Non ci sono parole per il grande dolore di queste ore. Ci stringiamo forte intorno alla sua famiglia. Noi porteremo avanti le sue lotte contro la riforma delle pensioni, la sua battaglia contro l’amianto e per il riconoscimento dei diritti dei lavoratori esposti all’amianto.
Di seguito pubblichiamo la sua storia scritta da lui e pubblicata sul sito dell’AIEA (Associazione Italiana Esposti Amianto).
I funerali si svolgeranno mercoledì 6 marzo alle ore 10 presso la chiesa di San Remigio a Sedriano.
Respirare l’amianto. La storia di Tiberio Paolone.
Sono costretto mio malgrado a raccontarvi la mia storia personale ma, non voglio in nessun modo che questa venga interpretata come una faccenda delimitata alla mia persona, purtroppo molti lavoratori esposti non hanno avuto la mia stessa fortuna in quanto deceduti, altri invece sono vittime della depressione e vivono l’attesa della morte come un incubo che gli impedisce di vivere il quotidiano. Altri più fortunati di me, e sono la maggioranza, sono stati colpiti in età avanzata sono già in pensione e si godono fino all’ultimo il calore e l’affetto dei loro familiari, in particolare figli e nipoti.
Sono entrato in ospedale il 14 dicembre del 2010 e sono stato dimesso il 23 dicembre, per farmi passare a casa le feste di Natale, come potete immaginare è stato il periodo più triste della mia vita, sono caduto in una profonda depressione e sono riuscito ad uscirne scrivendo la storia dei miei anni con l’amianto, che in parte condividerò con voi, sono rientrato in ospedale per essere sottoposto ad un intervento chirurgico che oltre a permettermi di tornare a respirare adeguatamente, ha confermato che avevo il mesotelioma maligno monofasico epiteliomorfo. Alla età di 16 anni ho cominciato subito a lavorare lasciando la scuola superiore senza neanche terminare il biennio, In cinque anni compreso l’anno di servizio militare, ho imparato il mestiere di fabbro presso un artigiano.
Purtroppo alla fine del mese non era sempre certo ricevere lo stipendio, alla fine del servizio militare finalmente volevo cominciare a progettare la mia vita, mi convinsi quindi che la certezza dello stipendio era fondamentale e cominciai a cercarmi un altro lavoro.Feci il colloquio alla vigilia di Natale del 1980 alla Fiam (Fabbrica italiana ascensori montacarichi) che nel 1980 contava un migliaio di dipendenti e fui assunto il 13 gennaio del 1981. Dopo pochi mesi venni messo a fare i turni sulla puntatrice singola, fu quello il mio primo contatto con l’amianto attraverso i guanti ed il grembiule di amianto che, erano necessari per quella attività.Nel 1987 mi candidai come delegato sindacale e fui eletto, sempre in quegli anni in seguito alla evoluzione delle normative antincendio il mio contatto con l’amianto divenne molto più consistente, dovevamo produrre le porte taglia fuoco l’insieme di questa produzione a fine turno creava notevole polvere e sfridi di amianto e lana di roccia che si propagavano in tutta l’area di lavoro.
Nei primi mesi del 1988 presi coscienza della pericolosità dell’amianto, convocai nel giro di una settimana una riunione del CDF consiglio di fabbrica, le attuali RSU, per informare della situazione tutti quanti, ed ottenni la condivisione di una richiesta di incontro urgente con la direzione aziendale, che avvenne la settimana successiva. All’incontro l’azienda cascò dal pero, Amianto??? Ma è sicuro??? non ci risulta, l’incontro si concluse con l’impegno ad aggiornarsi per consentire all’azienda di sapere che cosa aveva comprato per la coibentazione delle porte rei, esternai ai compagni del cdf la mia incredulità al riguardo, facendo notare che era evidente che volessero prendere tempo. Erano passate altre due settimane ma, una data per l’incontro con l’azienda non ci era stata ancora comunicata ed io cominciavo a spazientirmi.Quindi mi recai all’ispettorato del lavoro, spiegai molto bene la situazione e loro telefonarono con me presente al dott. Petazzi spiegandogli la situazione, alla fine della conversazione mi dissero che da qualche anno questi interventi li faceva la UOTSLL, l’acronimo di Unità Operativa Tutela Salute Luoghi Lavoro di cui il responsabile era appunto il dott. Petazzi, mi dissero di chiamare dopo qualche giorno per mettermi d’accordo.
Pensavo fosse buona creanza aspettare due giorni prima di chiamare come indicato, ma evidentemente ci fu un fraintendimento, dopo due giorni io ero di secondo turno arrivai in anticipo per telefonare al dott. Petazzi, ma quando entrai in cdf capii subito che la UOTSLL era venuta quella mattina la tensione era nell’aria e tutta l’azienda era in subbuglio. Nei giorni successivi, tutti erano sorridenti, facevano a gara per offrirmi il caffé anche i capi, tutti avevano capito che avevo ragione quel materiale era amianto era stato rimosso completamente e tutti gli ordini di produzione delle porte taglia fuoco erano stati sospesi, anche il grembiule di amianto non si poteva più usare e fu sostituito con spessi grembiuli di cuoio solo i guanti di amianto erano comunque necessari e continuammo ad usarli fino a quando la puntatrice fu dismessa.Dopo un paio di mesi la produzione delle porte tagliafuoco riprese, nel frattempo tutta l’area interessata era stata bonificata, non si trovava un granello di polvere e tutte le pareti erano state imbiancate, l’amianto arrivava già tagliato a misura ed avvolto nel polietilene al fine di evitare la dispersione della polvere.
L’amianto venne sostituito con la fibra ceramica, l’anno successivo.Le successive modifiche della legge 257/92, fatte con l’articolo 47 del decreto legge del 30 settembre 2003 n. 269 hanno ad esempio impedito per me ed i miei compagni di lavoro di poter fruire dei benefici previdenziali in quanto circoscritto solo ai lavoratori che erano stati esposti all’amianto per un periodo superiore ai dieci anni, subordinati alla dimostrazione da parte del lavoratore dell’esistenza di 100 fibre litro per 8 ore per 10 anni, con questa precisazione: Per periodo di esposizione si intende il periodo di attività effettivamente svolta. Dal 1981 al 1989 per una manciata di mesi non si arriva ai dieci anni se poi occorre anche dimostrare 100 fibre litro per 8 ore escludendo ferie, festività, malattia ecc.Rinunciai a fare la domanda, anche perchè nel 2005 sia Io che i miei compagni, stavamo benissimo ed Io in particolare mi ero illuso che con il mio intervento avevo abbassato il rischio mio e di tutti i miei compagni.
Dal 2005 al 2010 sono passati alla svelta 5 anni e le sere in ospedale ripensavo alla stupidità di questa decisione, se avessi fatto lo stesso la domanda anche se respinta, adesso potevo dimostrare che avevo ragione. Uscito dall’ospedale dopo l’operazione mi sentivo rinato, finalmente respiravo, ma la Tac non diceva la stessa cosa, il mesotelioma galoppava e senza una cura adeguata in breve tempo sarei passato a miglior vita. Comincia quindi a fare la chemioterapia ma, contemporaneamente cominciavo la trafila per il riconoscimento della malattia professionale, la legge 257 e le successive modifiche giustamente non ponevano nessun limite temporale alla richiesta dei benefici previdenziali per tutti quei casi di malattia professionale riconosciuta dall’inail, io avevo gia fatto i conti 35 anni e 6 mesi alla fine del 2011, nove anni di esposizione valevano quattro anni e mezzo diventavano 40 a fine anno potevo finalmente andare in pensione. La prima doccia fredda arriva a giugno quando ricevo il certificato di riconoscimento del periodo di esposizione all’amianto, io facevo collimare il periodo fino alla dismissione dell’amianto sostituito dalla fibra ceramica.
Non ci crederete ma il destino nei miei confronti c’è la proprio messa tutta per essermi avverso, mi hanno riconosciuto il periodo di esposizione dal 1981 fino al 7 marzo del 1988, che corrisponde alla bonifica successiva all’intervento della UOTSLL, insomma a causa del mio intervento in difesa della salute dei lavoratori nonché della mia, venivo penalizzato dovevo fare dal dicembre 2011 ancora un anno e mezzo fino al giugno del 2013. Finisco i 6 cicli di chemio e la TAC mi da ragione il tumore si è fermato, ma la chemio ha lasciato il segno, anemia, astenia, crampi, acufeni e molto altro, in ogni caso mi faccio una meritata vacanza prima di riprendere il lavoro e nel mese di agosto comincio la radioterapia allo scopo di stabilizzare il tumore per evitare in un periodo troppo ristretto a sottopormi ad altri cicli di chemio che difficilmente avrei potuto sopportare ma, tutte le mie peripezie di salute sono nulla a confronto della mazzata che ho ricevuto nel dicembre del 2011, con l’insediamento del governo Monti, il ministro Fornero, tra le lacrime annunciava la riforma delle pensioni. La pensione di anzianità diventa pensione anticipata e infatti sparirà in anticipo alla fine del 2017 sostituita dalla pensione di vecchiaia per tutti non prima dei 66 anni ma legata all’aumento della aspettativa di vita, che progressivamente arriverà a 70 anni e dal gennaio 2012 fino alla fine del 2017 potranno andare in pensione solo i lavoratori che hanno maturato 42 anni e 6 mesi ma, se inferiori di età ai sessanta anni verranno penalizzati economicamente.
Mi prende un colpo, ancora il destino si accanisce su di me? Questo significa che non potrò andare in pensione prima del dicembre 2015 altri due anni e mezzo, in pratica vengono vanificati i benefici della 257, oltre alla mia penalizzazione e quella di altri nella mia stessa situazione, dal 2017 chiunque si ammalerà per esposizione all’amianto perderà ogni beneficio, facciamo un esempio: Maurizio è nato nel 1962 comincia a lavorare a 20 anni nel 1982 è esposto all’amianto per 10 anni fino al 1991, nel 2018 dopo 28 anni di latenza si ammala di mesotelioma, gli è riconosciuta la malattia professionale e conseguentemente l’ articolo 13 comma 7 delle legge 257 del 1992 riconosce 5 anni di beneficio pensionistico. Con la normativa precedente Maurizio andava subito in pensione in quanto nel mese di marzo 2018 ha maturato 36 anni di contributi che sommati ai 5 della 257 diventano 41.
Con la riforma Fornero la situazione di Maurizio sarà peggiore della mia, poiché dal 2018 non sarà più possibile andare in pensione anticipata rispetto all’età di vecchiaia, perchè quando ci sarà solo il sistema contributivo varrà solo l’età minima per l’accesso alla pensione che, sarà per tutti di 66 anni, come dichiarato dallo stesso ministro nell’audizione in commissione lavoro alla Camera. Maurizio all’età di 56 anni con un tumore che ti da massimo 5 anni di vita secondo la Fornero deve lavorare ancora 10 anni. A questo punto è oggettivamente riscontrabile che, la norma di salvaguardia della legge 257 sarà completamente resa inefficace.
L’art. 24 del decreto Salva Italia fa espresso riferimento a delle clausole derogative soltanto per le categorie deboli, se un grande invalido del lavoro da malattia professionale, mesotelioma pleurico dovuto all’esposizione all’amianto non lo è, vorrei sapere quali sono state le categorie più deboli che hanno beneficiato di queste deroghe. Altrimenti non c’è coerenza tra quanto enunciato dalla legge, rispetto alla sua reale applicazione. La nuova riforma delle pensioni è impostata sull’aumento della speranza di vita, la legge n. 257 del 1992 che ha bandito l’amianto in Italia ha individuato dei benefici contributivi come oggettiva conseguenza della diminuzione della speranza di vita per i malati colpiti da patologie correlate all’asbesto. Com’è possibile che la nuova normativa non ne abbia tenuto conto? È giusto applicare una norma nuova impostata sull’aumento della speranza di vita a chi era già stato precedentemente riconosciuto un beneficio per la ragione opposta e come oggettivo riconoscimento del ritardo da parte dello stato nel fare una legge che ha bandito l’amianto? E’ possibile non rispettare I principi di solidarietà espressi nell’articolo 38 della Costituzione?
Il Ministro potrebbe risolvere questo problema senza giocare con la vita delle persone, confinando il riconoscimento dei benefici previdenziali solo a quei lavoratori che risultino effettivamente colpiti dalle patologie neoplastiche a prognosi infausta, viceversa la riforma Fornero si traduce in una vera e propria smentita della volontà legislativa con la quale si voleva compensare, con risarcimenti previdenziali, la perdita della salute e la riduzione dell’aspettativa di vita, causata dall’esposizione all’amianto.Senza una più che opportuna deroga tra l’altro enunciata e prevista dalla stessa riforma tutto questo viene rovesciato senza una ragione plausibile.
Nel successivo documento: “Breve resoconto delle peripezie di Tiberio Paolone nel 2011” racconto tutte le iniziative che ho fatto, e sono tante, per mettermi in contatto con il Ministro, che purtroppo non mi ha mai risposto direttamente, ed altri in sua vece hanno risposto sempre negandomi i diritti da me reclamati.
Breve resoconto delle peripezie di Tiberio Paolone nel 2011
Allegato B
Allegato C
Allegato D
Allegato E
Allegato F
Allegato G (Interrogazione al ministro Fornero)
Ho il cancro per colpa dell’amianto, ma Fornero non mi manda in pensione
19 SET – Egregio direttore,
sono un malato oncologico nonché grande invalido del lavoro, sono una vittima dell’amianto, ho contratto il mesotelioma, tumore a prognosi infausta, negli anni ‘80 in seguito ad esposizione “inconsapevole” professionale all’amianto.
Alla data del 31/12/2011 con i benefici previdenziali per i lavoratori esposti all’amianto previsti dalla legge n. 257 del 1992, ho maturato un’anzianità contributiva pari a 38 anni e 1 mese. Lavorando ancora con l’attuale normativa fino a giugno 2013, avrei maturato finalmente i 40 di contributi, ottenendo la possibilità di andare in pensione. Per il mesotelioma la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi si ferma poco al di sotto del 20 per cento nella fascia di età compresa tra i 45 e i 54 anni e diminuisce progressivamente con l’aumentare dell’età, purtroppo è curabile ma non è guaribile, la prognosi e quindi sempre infausta.
Avendo piena consapevolezza di dover morire, non vedevo l’ora di arrivare al giugno 2013 per poter disporre a mio piacimento della mia vita, senza dover fare i conti con le ferie ed il comporto della malattia, se sono fortunato, (sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi) forse due anni di pensione riuscivo a godermela.
Con le nuove modifiche introdotte dal decreto “Salva Italia” il mio pensionamento è rimandato al 2015 ammesso che sarò ancora vivo. Tutto questo viene motivato dal necessario adeguamento alla variazione della speranza di vita. Mi si consenta di far modestamente notare che, se equità e giustizia impongono questo, altrettanta equità e giustizia sono necessarie nei confronti di tutti i grandi invalidi del lavoro che si ritrovano con una speranza di vita ridotta, anzi così ridotta da essere rivalutata mediamente ogni tre mesi, tra un ciclo di chemioterapia ed un’altro, nonché ad una qualità della vita notevolmente compromessa ed una notevole fatica quotidiana per recarsi al lavoro.
Per questi motivi, immediatamente dopo l’approvazione del decreto Salva Italia, il 7 dicembre del 2011, scrissi una e-mail al ministro Fornero ed al Presidente Napolitano, senza ottenere alcun riscontro.
Sollecitai più volte una risposta ma non ottenni mai nessun riscontro. Un giorno sono andato sul sito del Quirinale, scoprendo che potevo inviare una richiesta al Presidente Napolitano con una procedura che garantiva la ricezione, dopo due settimane con grande soddisfazione ho ricevuto la lettera del Segretariato generale della Presidenza della Repubblica.
Decisi quindi di inviare un nuovo sollecito, il 18 marzo 2012 ai Ministri Fornero e Balduzzi allegando la scansione della lettera nella e-mail. Dopo solo un sollecito il 27 marzo finalmente una risposta da parte della segretaria particolare del Ministro Fornero che, in pratica ha trasformato la mia richiesta al ministro in un esposto all’INPS.
Ho trovato il numero di telefono della segereria del ministro e ne ho immediatamente approfittato per contattarla, non è stato facile ma dopo una decina di telefonate sono finalmente riuscito a parlargli.
Ho spiegato alla dottoressa che, il presidente dell’Inps, se chissà quando risponderà, non potrà che ribadire quanto da me già spiegato, cioè che la normativa non prevede al riguardo nessuna deroga e quindi lui non può fare nulla. Gli ho spiegato quindi che per me il fattore tempo non è un “di cui” e non posso aspettare che la prassi burocratica venga espletata. Conseguentemente ho chiesto se il Ministro Fornero fosse consapevole del fatto che il suo provvedimento costringe anche i grandi invalidi del lavoro al prolungamento dell’attività per altri due anni e mezzo e che, nel caso specifico delle vittime dell’amianto, annulla di fatto gli effetti positivi nei confronti di questi di un’altra legge che consente appunto di aumentare del 50% i contributi per i periodi di effettiva esposizione all’amianto.
La segretaria del ministro mi ha risposto; “Ma cosa crede Lei, il Ministro queste cose le sa, quindi abbia fiducia che, se possibile, verranno presi provvedimenti e questo le deve bastare”. Ho quindi fatto le mie rimostranze, spiegando che, se corrisponde al vero che il ministro “queste cose le sa”, dovrebbe anche avere la buona creanza di rispondere e spiegare che cosa ha effettivamente intenzione di fare al riguardo.
Continuo tutt’oggi ad aspettare una risposta dal Ministro Fornero, perché è incomprensibile ed assurdo che il nuovo provvedimento del Governo nell’ambito della cosi detta “spending rewiew” contenga una deroga alla riforma che consentirà ad un notevole numero di dirigenti pubblici, in piena salute, il privilegio di essere collocati in pensione con la vecchia normativa, mentre i grandi invalidi del lavoro dovranno lavorare altri due anni e mezzo oltre i 40 anni.
Il Ministro ha il dovere di spiegarmi la razionalità, l’etica e l’equità di questa semplice constatazione, perché per il lavoro io perderò la vita, non credo che per quanto possa essere bravo il ministro, possa eguagliarmi.
La nuova riforma delle pensioni salvaguarda i grandi invalidi del lavoro (80% al 100%) solo per quanto riguarda la pensione di vecchiaia, purtroppo, come dal mio punto di vista sarebbe corretto, non sono state previste clausole derogative per i grandi invalidi del lavoro per quanto riguarda la pensione di anzianità, oggi chiamata anticipata.
Questa è una profonda ingiustizia, una persona che dal lavoro, vuoi per infortunio oppure per malattia professionale, si ritrova con una invalidità pari all’80% ed oltre, non ha dato abbastanza? Non viene considerata una categoria debole? Inoltre questa esclusione annulla di fatto l’efficacia dei benefici previsti dalla legge n. 257 del 1992.
Essendo, la mia aspettativa di vita praticamente inesistente questo è profondamente ingiusto.
Ritengo questo un problema che riguarda tutti i Grandi Invalidi del Lavoro ancora in attività, che come me affrontano tutti i giorni il proprio lavoro con maggior fatica, 40 anni non bastavano?
Questa legge inoltre oltre al danno contiene la beffa, se oltre che Grande Invalido sei anche un lavoratore precoce, (io ho cominciato a 16 anni), quando andrai in pensione dopo 42 anni e x mesi, ti vedrai decurtata la pensione perchè non hai ancora 62 anni, e purtroppo conseguentemente anche la reversibilità.
Possibile che si possa accettare passivamente un’ingiustizia del genere?
Non ho più fiducia nella politica, i partiti hanno fatto passare questa legge profondamente ingiusta.
Tiberio Paolone