Carlucci: possibile entro ottobre la riforma dello spettacolo dal vivo |
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Roberta Romei
ROMA – 18 SETTEMBRE – La riforma per lo spettacolo dal vivo potrebbe essere approvata entro ottobre. Lo dice in un’intervista al Giornale dello Spettacolo, l’on. Gabriella Carlucci , relatrice della legge, attualmente in discussione alla commissione Cultura della Camera.
“Ho condiviso lo spirito delle parole di Brunetta sul Fus. Basterà un esempio per comprendere la ratio delle parole del ministro. In Italia le persone che assistono a spettacoli di musica lirica ammontano a 2 milioni su 60 milioni di abitanti. A fronte di questo bacino di utenza assolutamente residuale, gli enti lirici ricevono più del 60% dei fondi del Fus. Di questa somma ingente addirittura l’80% finisce in stipendi e costi di gestione. E’ evidente che qualcosa non va. Detto questo non si può pensare però di chiudere i rubinetti senza modificare prima radicalmente le norme in materia. La legge che stiamo per approvare in Parlamento è strumento essenziale e propedeutico al raggiungimento degli obiettivi fissati anche dal ministro Brunetta, al quale chiedo di appoggiare la riforma dello spettacolo dal vivo che reca la mia firma e che intende modificare funzioni, ruoli ma soprattutto la gestione e la concessione delle risorse pubbliche destinate alle aziende del settore. Senza nuove regole giuste ed efficaci rischiamo di provocare il fallimento di molte imprese e la contemporanea perdita di centinaia di posti di lavoro”.
“Personalmente – dice Carlucci – speravo e puntavo all’approvazione della legge prima della pausa estiva. Purtroppo il provvedimento è molto complesso e investe profili ed aspetti estremamente delicati per gli stessi operatori del settore. Ottobre è un obiettivo ed un termine assolutamente ragionevole. Lo spirito bipartisan che anima quotidianamente il dibattito in commissione, ma soprattutto l’intenzione mia e della maggioranza di dare un nuovo assetto alla materia lasciano ben sperare”.
La legge ha una copertura economica?
“La copertura economica è già stata individuata alcuni mesi fa. Io personalmente ho avuto dei colloqui con i responsabili economici dell’attuale esecutivo per individuare le risorse necessarie a finanziare la legge. Nessun problema da questo punto di vista. L’art. 7 del testo unico definisce con grande chiarezza dove reperire i soldi necessari. Nel dettaglio: il 25 per cento dei fondi derivanti dalle estrazioni infrasettimanali del gioco del lotto, il 50 per cento dei fondi gestiti dall’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato relativi ai premi non riscossi del gioco del lotto e delle lotterie nazionali, il 5 per cento dell’intero ammontare delle entrate del sistema audiovisivo pubblico, i fondi dell’Unione Europea destinati allo spettacolo dal vivo, il 20 per cento di fondi Arcus. Risorse certe, già esistenti che dovevano soltanto essere destinate alla copertura finanziaria del provvedimento. Siamo riusciti a piegare la volontà politica alle esigenze della legge sullo spettacolo. Inoltre, grazie alla nostra legge sono stati trovati 10 milioni di euro, che afferiscono direttamente ai capitoli di bilancio del ministero dei Beni e Attività Culturali e che andranno, novità straordinaria, a finanziare il tax credit ed il tax shelter per il teatro”.
E’ stato chiarito il rapporto tra le istituzioni della Repubblica? La legge risponde alla domanda “chi fa cosa”?
“Questa è forse la domanda principale a cui risponde la legge. Finora le sovrapposizioni tra livello centrale e locale hanno generato enormi problemi nella gestione della materia. Gli articoli 3, 4 e 5 definiscono i compiti della Repubblica, della Conferenza unificata Stato-Regioni, delle Regioni, delle province delle città metropolitane, e dei comuni, secondo i principi di sussidiarietà adeguatezza, prossimità ed efficacia”.
In quale direzione vanno le richieste ed i suggerimenti che gli operatori hanno fatto pervenire ai firmatari della legge? Richieste che sono state accolte?
“Le richieste e le istanze che ci sono pervenute dagli addetti ai lavori investono quasi tutte profili di natura regolamentare, passibili di impugnazioni presso la Corte Costituzionale da parte delle Regioni. Purtroppo, uno dei principali problemi sorto in questi anni è stato costituito dai numerosi ricorsi delle Regioni le quali, ritenutesi lese nelle loro attribuzioni, hanno contestato in giudizio le decisioni dello Stato. Per risolvere tale complicazione dobbiamo varare una legge che stabilisca i principi generali per poi demandare al livello locale l’attuazione delle norme”.
Dove si vedranno, e quando, gli effetti più evidenti della riforma?
“Credo che alcuni effetti saranno assolutamente immediati. Gli operatori del settore, una volta approvata la legge, si metteranno immediatamente in linea con i principi in essa contenuti, pena l’esclusione dalla concessione dei finanziamenti. Perché la nuova normativa vada definitivamente a regime dovranno passare alcuni mesi. Vi sono dei passaggi burocratici e legislativi obbligati come la nomina dei membri del Consiglio Nazionale dello Spettacolo o l’approvazione dei decreti attuativi. Del resto il mondo dello spettacolo aspetta questo momento da 60 anni. Possiamo tranquillamente aspettare pochi mesi per vedere la nascita di questa legge di importanza e portata storica”.
Sarà una legge molto dipendente dal Fus ?
“Ritengo che in questi mesi il Fus e la gestione delle sue risorse siano stati spesso oggetto di strumentalizzazioni e mistificazioni le quali hanno generato soltanto confusione e polemiche sterili. Il mondo dello spettacolo ha bisogno di risorse pubbliche per vivere e sopravvivere. Noi discutiamo e critichiamo il modo in cui tali finanziamenti sono stati erogati finora e tale aspetto verrà completamente riformato grazie alla nuova legge. Lo Stato non può sottrarsi dall’assolvere funzioni che sono di pubblico interesse. Occorre innanzitutto che i fondi del Fus vengano utilizzati per aiutare e tutelare i nuovi talenti, i quali hanno bisogno di finanziamenti per riuscire a realizzare le loro prime opere. Poi i soldi devono essere utilizzati per la formazione degli operatori ma anche per la formazione del pubblico. Occorre educare la gente all’ascolto della musica alta e alla conoscenza del teatro, alla sua storia, se vogliamo creare un bacino di utenza significativo. Bisogna, infine, imporre criteri di qualità, di redditività e di economicità senza il rispetto dei quali non si può pretendere il becco di un quattrino dallo Stato. E’ finita l’era dei soldi a pioggia distribuiti sempre e comunque ai soliti noti. Vogliamo essere ricordati come il governo che ha voluto imporre e riconoscere in Italia il merito ed il talento, non le tessere di partito e le amicizie compiacenti”.
A proposito di Fus, che cosa ne pensa dell’invito che il ministro Brunetta ha rivolto al ministro Bondi affinchè chiuda “i rubinetti del Fondo Unico dello Spettacolo”?
“Ho condiviso lo spirito delle parole di Brunetta sul Fus. Basterà un esempio per comprendere la ratio delle parole del ministro. In Italia le persone che assistono a spettacoli di musica lirica ammontano a 2 milioni su 60 milioni di abitanti. A fronte di questo bacino di utenza assolutamente residuale, gli enti lirici ricevono più del 60% dei fondi del Fus. Di questa somma ingente addirittura l’80% finisce in stipendi e costi di gestione. E’ evidente che qualcosa non va. Detto questo non si può pensare però di chiudere i rubinetti senza modificare prima radicalmente le norme in materia. La legge che stiamo per approvare in Parlamento è strumento essenziale e propedeutico al raggiungimento degli obiettivi fissati anche dal ministro Brunetta, al quale chiedo di appoggiare la riforma dello spettacolo dal vivo che reca la mia firma e che intende modificare funzioni, ruoli ma soprattutto la gestione e la concessione delle risorse pubbliche destinate alle aziende del settore. Senza nuove regole giuste ed efficaci rischiamo di provocare il fallimento di molte imprese e la contemporanea perdita di centinaia di posti di lavoro”.