Enti lirici, Mibac, Fus e la riforma che s’ha da fare.
di Francesco Arturo Saponaro 10/3/12
Non è semplice capire, di primo acchito, chi abbia ragione e chi torto. Da una parte, orchestrali e coristi delle quattordici fondazioni lirico-sinfoniche italiane sono in subbuglio. Accanto a loro, molte istituzioni e associazioni medio-piccole, che spesso li ospitano nei loro cartelloni. Dall’altra parte, il Mibac (Ministero per i Beni e le Attività Culturali), con una recente circolare della Direzione generale per lo spettacolo dal vivo, e per esso il sottosegretario in carica, che riaffermano i loro argomenti. Materia del contendere, la legge n 100 del 2010. Questa, all’articolo 3, dispone la cessazione di permessi artistici e professionali per l’esercizio di attività autonoma ai dipendenti delle fondazioni, dal 1 gennaio del corrente anno e fino alla stipula del nuovo contratto nazionale, scaduto da sei anni. Permessi che, secondo il ministero, comportano l’esigenza di riorganizzare orchestra o coro per sopperire alle assenze. nonché i costi dell’assunzione temporanea di eventuali elementi aggiunti. Il fronte opposto è sul piede di guerra, e per cominciare contesta l’aggravio economico, a suo dire salvaguardato dalla norma sulla concessione dei permessi. Si denuncia piuttosto una manovra ricattatoria del ministero, per imporre un contratto nazionale inaccettabile e perdente, in una strategia di attacco alle masse artistiche che addirittura intenderebbe smobilitare le orchestre italiane, lasciando spazio ai musicisti stranieri. È inoltre riaffermato il valore di arricchimento artistico dell’attività professionale autonoma, della quale poi le orchestre delle fondazioni in prospettiva beneficiano. I sindacati ricordano inoltre che, nella precedente legislatura, erano stati accantonati 18 milioni per il rinnovo del contratto. Ma, in questa legislatura, sono stati usati per altri scopi (non saranno per caso andati, ragionevolmente, a rimpinguare i precedenti, deprecati tagli al Fus?). Rimane comunque inspiegabile il ritardo della risposta sindacale, ben un anno e mezzo dopo l’approvazione della legge 100/2010. Il sottosegretario Roberto Cecchi, il 1 marzo in Parlamento, ha replicato alle infiammate interrogazioni. Da decenni, ha spiegato, i teatri lirici soffrono di un’endemica crisi economico-finanziaria, ormai insostenibile alla luce delle odierne difficoltà. Nei bilanci appaiono spesso patrimoni il cui valore dichiarato è inferiore al valore d’uso degli stessi immobili. In molti casi, i debiti raggiungono somme preoccupanti. E in più situazioni i conti economici espongono, in ogni esercizio, perdite ingenti. Per la verità, ma questo Cecchi non l’ha detto, una parte dei problemi si deve al forte ritardo e alle incertezze di cifre con cui finora è stato erogato il Fus (Fondo unico per lo spettacolo), dai governi di ogni colore. Il che costringe regolarmente i teatri alle forche caudine di onerose anticipazioni bancarie. Soprattutto, secondo il Mibac e il governo, il costo del personale costituisce il nocciolo del problema. Esso raggiunge ormai il livello di 314 milioni di euro l’anno, contro una quota di circa 300 milioni erogata dal Fus per tutto il settore. Perciò, ha sottolineato Cecchi, è imprescindibile una riforma del sistema e un contratto nazionale radicalmente nuovo, perché i contratti integrativi aziendali in vigore rendono la situazione insostenibile e ingovernabile: i vantaggi economici che ne derivano sono addirittura superiori anche al 50 per cento del valore del contratto nazionale. Il sottosegretario ha tuttavia concluso dichiarando la disponibilità del ministero a stralciare dalla contrattazione nazionale la materia dei permessi artistici, per concordare una rapida soluzione. Nell’insieme, una materia decisamente opaca e ingarbugliata. Arriverà finalmente una riforma che introduca più efficienza e trasparenza?
10/03/12 MATTINO
FONDAZIONI LIRICHE CONTRATTO PIÙ VICINO
II caso Fondazioni liriche L’incontro Trattative sbloccate.
La Purchia: «Presto regole nuove anche sui permessi» qualche settimana fa, in occasione della presentazione di un cd di Aldo Ciccolini con íl gruppo di musicisti napoletani, saltò il concerto legato all’iniziativa. Alcuni dei musicisti, infatti, in orchestra al San Carlo, non avevano potuto ottenere il permesso ad esibirsi fuori dai ranghi. Dal primo gennaio, infatti, vige in tutt’Italia il blocco dei permessi artistici. Un fatto questo che, come nel caso di Napoli, ha frenato molti progetti cui erano stati chiamati a partecipare musicisti in organico nelle Fondazioni liriche. Tanti i casi cui dovrebbe trovare una soluzione ora il nuovo contratto nazionale di lavoro, le cui trattative sono riprese ieri a Roma nella sede dell’Agis, presenti i sovrintendenti dei maggiori teatri italiani e i rappresentanti sindacali di Cgil, Cisl, Uil e Fials del settore. «Sono molto soddisfatta, si è lavorato in un clima positivo, presto sarà formulato un diverso contratto collettivo nazionale di lavoro con regole nuove e più trasparenti anche sui permessi artistici», ha detto la sovrintendente del San Carlo, Rosanna Purchia, reduce dall’incontro. Un incontro che in pratica ha sbloccato una situazione in stallo da tempo, tanto più che dal 2003 il contratto dei lavoratori degli ex enti lirici non viene rinnovato. Un periodo nel quale, tra l’altro, è entrata in vigore la riforma con la legge 100 de12010 e gran parte dei teatri ha dovuto far fronte ad un drastico calo dei finanziamenti pubblici. Crisi che non è ancora finita. Da qui un s.o.s rivolto da rappresentanti dei sovrintendenti e dei sindacati alle istituzioni perché garantiscano la «massima attenzione» al settore. Nelle more del contratto, però, si sono individuate linee comuni tali, si spiega, «da poter raggiungere un accordo in tempi brevi». Con alcuni temi in primo piano: permessi per lavoro autonomo, organizzazione e orari di lavoro, sicurezza e salute. d.I.