L’ ultima invenzione la Beni Culturali Spa
Arcus, la società per la cultura
che regala le "mance" di Stato
Spettacolo: ripartito il Fus 2010 che ammonta a 414,6 milioni di euro
L’ ultima invenzione la Beni Culturali Spa
Repubblica — 27 febbraio 2010 pagina 1 sezione: PRIMA PAGINA
LO CHIAMAVANO l’ uomo dal foglio d’ oro. Non il vello d’ oro, proprio il foglio, come quelli preziosi che Angelo Balducci volle come decorazioni al teatro Petruzzelli di Bari. IL DEUS ex machina dello Stato "in deroga" per realizzare "l’ Italia del fare" di Berlusconi & Bertolaso, pronubo Letta, aprì sul campo un nuovo fronte di business miliardario: la Beni Culturali Spa. Un fronte così prodigo di soddisfazioni per i pubblici funzionari e per la cricca degli appaltatori da suggerire la nomina dell’ uomo dei "decreti emergenziali" Guido Bertolaso a ministro dei Beni Culturali al posto di Sandro Bondi. Di qui l’ annuncio di Berlusconi su «Bertolaso ministro» il 29 gennaio scorso, poco prima che lo scandalo deflagrasse. Poi, con l’ arresto di Balducci e di altri "servitori dello Stato" la storia ha preso indirizzi diversi per l’ inchiesta dei magistrati di Firenze sulla nuova Appaltopoli. Ma l’ apparato predisposto è bello e pronto per intercettare "in deroga" i due miliardi e mezzo di euro (diconsi miliardi) di fondi europei per i beni e il turismo culturale. In principio furono per l’ appunto i fogli d’ oro che Angelo Balducci pretese invece di quelli di oro sintetico nell’ apparato decorativo del teatro Petruzzelli, bruciato nel 1991, per la ricostruzione del quale fu commissario straordinario. Che volete che sia un milione di euro in più, di fronte a un costo globale cresciuto del 156 per cento? Poca cosa rispetto ai 6 milioni di aggiornamento prezzi per le poltrone. Relativamente poco anche rispetto ai 650 mila euro per le "chianche" scomparse. Cos’ erano? Erano le antiche basole tipiche del borgo antico di Bari, rimosse perché non andassero rovinate. Ma i soliti ignoti scoprirono il ricovero e se le portarono via. Conto totale del commissariamento di Balducci al Petruzzelli: cinquanta milioni contro un appalto iniziale di 23, secondo il calcolo di Antonio Cantoro, che sul "Teatro degli imbrogli" ha scritto un libro che sembra un giallo. Ma pazienza perché, come disse il sindaco di Bari Michele Emiliano, «il Petruzzelli è come il Vesuvio che se erutta fa danni». Se lo si placa fa invece la fortuna di politici, pubblici funzionari, commissari straordinari e appaltatori. Non eruttò il teatro. Fu inaugurato a fine 2009 e con esso decollò il progetto per trasformare i Beni Culturali nel grande polmone dell’ Italia del fare, mondati da ogni regola della legislazione ordinaria, da ogni controllo contabile e di legittimità, in onore di una suprema deroga appaltatrice per teatri da ricostruire, zone archeologiche da ripulire, siti d’ arte da mettere in sicurezza, monumenti da sbiancare, palazzi da ristrutturare, statue da rigenerare, quadri da restaurare, biblioteche da puntellare, musei da gestire, biglietterie, librerie, bar e ristoranti da dare in concessione. La Beni Culturali Spa, un’ evoluzione della specie della Protezione Civile Spa, è già pronta a partire sotto i buoni auspici di Gianni Letta se non fosse per i magistrati fiorentini che inchiodano la cricca della bertolasocrazia tutta protesa alla conquista della prateria di appalti che si apre per la valorizzazione del patrimonio storico e monumentale.È al Petruzzelli di Bari che si fa le ossa come sub-commissario un giovanotto rampante asceso infine a capo di Gabinetto del ministro Bondi. Trentasei anni, si chiama Salvo Nastasi e dalla tolda ministeriale controlla il partito dei commissari e l’ annessa galassia di appaltatori del cuore. Egli stesso è stato commissario al Maggio Fiorentino e al teatro San Carlo di Napoli, dove ai lavori di restauro ha partecipato Pierfrancesco Gagliardi, quello che sghignazzava con suo cognato Francesco Piscicelli la notte del terremoto all’ Aquila. Dipendente del ministero al settimo livello, questo Nastasi stava per diventare direttore generale senza concorso, per decreto, con un emendamento ad personam del senatore Antonio D’ Alì. Nell’ agosto scorso passò invece come un colpo di fucile la nomina a direttore generale per la Valorizzazione del patrimonio culturale di Mario Resca, che Berlusconi aveva già proposto in tutte le salse, anche come direttore generale della Rai o presidente dell’ Alitalia. Ex amministratore delegato della McDonald’ s Italia, ex presidente del Casinò di Campione e della Finbieticola, il suo sogno è fare una centrale elettrica alimentata dal sorgo nell’ ex zuccherificio di Voghera. Ma Berlusconi e Letta l’ hanno risolutamente voluto al Patrimonio culturale, anche se non ha mai visto un museo in vita sua. «I cheeseburger – ironizzò il New York Times all’ atto della nomina – entrano nel dibattito sui musei italiani». Alla Pinacoteca di Brera, di cui Resca è commissario e dove spenderà almeno 50 milioni, potremo ordinare «un McCaravaggio e una coca»? si chiedeva il NYT. E spiegava che il governo italiano «al mandato costituzionale di proteggere il patrimonio culturale sembra voler sostituire un modello imprenditoriale finalizzato allo sfruttamento». Al genio stile McDonald’ s dobbiamo lo spot pubblicitario che sull’ immagine del Colosseo recita: «Se non lo visitate ve lo portiamo via». In che senso? Come in "TotòTruffa", il film del 1962 nel quale il principe De Curtis vende la Fontana di Trevi a un turista. Regnante Berlusconi, il conflitto d’ interessi, si sa, è un concetto desueto. Ma le società di gestione museale riunite nella Confcultura, aderente alla Confindustria e presieduta da Patrizia Asproni, sono infuriate perché tra i tanti incarichi Resca, che ha accasato i suoi consulenti in un palazzetto al numero 32-33 di via dell’ Umiltà di proprietà di una immobiliare berlusconiana, è anche consigliere d’ amministrazione della Mondadori, che controlla la Mondadori Electa, società leader nella gestione dei punti di vendita all’ interno dei musei. Magari in un soprassalto di dignità Resca si dimetterà. Ma chi potrà impedire che l’ Electa si aggiudichi i pezzi più pregiati del business? Oltre alla Pinacoteca di Brera, gli Uffizi di Firenze, le aree archeologiche di Roma e Ostia Antica, l’ area archeologica di Pompei, tutti i siti più importanti sono già nelle mani del partito dei commissari. Una compagnia di giro ben sperimentata e ottimamente retribuita. A Firenze c’ è Elisabetta Fabbri, un architetto veneziano nella manica di Nastasi, già commissaria per il Parco della musica, da cui sono partite le indagini della Procura di Firenze. Tra i "soggetti attuatori", Balducci ha inserito Mauro Dellagiovanpaola, finito in galera insieme a lui. A Roma e Ostia Antica, dopo il commissariamento di Bertolaso, è subentrato Roberto Cecchi, direttore generale per il Paesaggioe in procinto di diventare segretario generale del ministero. A Pompei c’ è Marcello Fiori, ex responsabile dell’ Ufficio emergenze della Protezione civile, intimo di Gianni Letta. Ovunque ci siano i soldi pronti ci sono anche i commissari, che in deroga a tutte le leggi affidano i lavori e i servizi senza gare di evidenza pubblica. E non a caso nel 2009 i residui passivi del ministero, cioè i soldi non spesi, sono aumentati di 200 milioni, per dimostrare che per far funzionare le cose occorrono i commissari straordinari. Tramite la società controllata Arcus, Resca ha affidato per 200 mila euro a due società di consulenza, la Roland Berger e la Price Waterhouse Coopers, il compito di redigere le nuove linee per le gare di concessione dei musei. Ma il gioiellino dell’ uomo che vuole portar via il Colosseo è un altro. Si chiama Ales, Arte Lavoro e Servizi Spa, e serve a fare esattamente quello che Berlusconi, Letta e Bertolaso avrebbero voluto fare con la Protezione Civile Spa. Ma stavolta senza decreti, senza passaggi parlamentari, senza opposizione. Ex società per il reimpiego di lavoratori so
cialmente utili interamente controllata dal ministero dei Beni Culturali, la Ales ha ora la possibilità statutaria di fare quel che vuole, a cominciare dal drenaggio di fondi e dalla loro distribuzione con assoluta discrezionalità. Altro che l’ Italstat, la società dell’ Iri guidata da Ettore Bernabei che in epoca democristiana introdusse in Italia la concessione e l’ appalto di opere di tutti i tipi, dagli uffici postali alle carceri, superando gli ostacoli burocratici e che con fondi Fio si occupò anche di beni culturali, girando gli "sfiori", che per i grandi partiti erano troppo modesti, ai ministri socialdemocratici dell’ epoca Vincenza Bono Parrino, Ferdinando Facchiano e al segretario Psdi Antonio Cariglia. Fu attraverso la consociata Italstrade che furono costituiti centinaia di miliardi di lire di fondi neri, cui attinsero in molti prima. Tra questi, proprio Gianni Letta, che incassò un miliardo e mezzo e raccontò di averlo utilizzato per salvare il quotidiano Il Tempo, di cui era direttore e amministratore delegato. Ne uscì pulito, dopo che il processo fu scippato a Milano dalla Procura di Roma, come il successivo sulla legge Mammì e le frequenze televisive di Berlusconi. La storia si ripete nell’ ex porto delle nebbie, come dimostra il coinvolgimento del procuratore aggiunto di Roma Achille Toro nello scandalo Bertolaso. Lo statuto della Ales, di fatto la Beni Culturali Spa, è un capolavoro che, senza una legge, istituisce una sorta di Iri della Cultura. «A titolo indicativo e non esaustivo», svolge per il ministero «la gestione di musei, aree archeologiche e monumentali, biblioteche, archivi, la guardiania, le visite guidate, la biglietteria, il bookshop, la gestione dei centri di ristoro (con somministrazione di alimenti e bevande rivolta ai fruitori dei luoghi della cultura)… la gestione del marchio e dei diritti d’ immagine, il supporto tecnicooperativo per le attività di prestiti. L’ esercizio di attività di pubblicità e promozione in tutte le sue forme, anche attraverso l’ organizzazione di uffici stampa e piani di comunicazione, di mostre, convegni, fiere promozionali, spettacoli e, in generale, di eventi culturali; l’ attività di editoria in generale e in particolare la pubblicazione, produzione e coedizione di libri». E via così per tre pagine fitte fitte. Ecco il gioiellino "in deroga" che era bello e pronto per Guido Bertolaso ministro dei Beni Culturali della Repubblica berlusconiana "del fare". "Fare affari", naturalmente. Se non ci fossero stati quei magistrati di Firenze che secondo Berlusconi «si dovrebbero vergognare». Sì, del loro Paese. a.statera@repubblica.it – ALBERTO STATERA
Arcus, la società per la cultura
che regala le "mance" di Stato
L’INCHIESTA. Gestisce 200 milioni distribuiti a discrezione, senza controlli
All’università gregoriana un milione e mezzo di euro per il restauro dei cortili interni
di CARMELO LOPAPA
Repubblica — 28 febbraio 2010
ROMA – L´ultimo pacco siglato «Cultura spa» porta in dote 200 milioni di euro. L´infornata è di questi giorni e permetterà al governo una distribuzione a pioggia in favore di centinaia di associazioni, enti, teatri e fondazioni. Più che di privatizzazione della cultura, l´operazione sa tanto di mancia di Stato, giusto a un mese dal voto, per amici, boiardi e parenti importanti. Succede così dal 2004. I tre ministeri di riferimento stanziano (Beni culturali, Economia e Infrastrutture) e i beneficiari graditi incassano. È un affare gestito da pochi, con fondi pubblici e scavalcando il controllo parlamentare.
La «Cultura spa» di impronta berlusconiana – assieme ad Ales – ha il volto di Arcus, più che un volto il vero braccio operativo, il braccio lungo della spartizione. «Società per lo sviluppo dell´arte» fondata nel 2004 (sotto il precedente governo del Cavaliere) a capitale interamente sottoscritto dal ministero dell´Economia. I suoi decreti operativi vengono adottati dal ministero per i Beni culturali di Sandro Bondi, di concerto con le Infrastrutture di Altero Matteoli. Una spa a tutti gli effetti – col suo cda di sette componenti per dieci dipendenti – che, come ha avuto modo di denunciare in ripetute occasioni la Corte dei conti, si è «trasformata in un una agenzia ministeriale per il finanziamento di interventi», spesso «non ispirati a principi di imparzialità e trasparenza». La storia torna a ripetersi. Nel silenzio generale, la spa Arcus ha adottato a febbraio il piano triennale di interventi: 119 milioni per quest´anno, 43 per il prossimo, 37 e mezzo per il 2012. Totale: 200 milioni, parcellizzati in 208 interventi.
La logica appare discrezionale, se non emergenziale, in stile Protezione civile. Nel calderone, dietro il Lazio con 23 milioni di euro nel 2010, la parte del leone la fa la Toscana dei ministri Bondi e Matteoli: 21,4 milioni, rispetto per esempio agli 8,5 della Sicilia o ai 12,5 della Campania, pur ricche entrambe di siti, chiese, monumenti. Ma quali sono gli interventi strategici sui quali il ministero punterà per i prossimi tre anni? Nel capitolo «varie», intanto, 500 mila euro vengono destinati alla «partecipazione dell´Italia all´Expo di Shangai 2010».
A guidare la missione sarà Mario Resca, consigliere d´amministrazione della Mondadori, berlusconiano doc, direttore generale del dipartimento per la «valorizzazione del patrimonio culturale» al ministero. Solo coincidenze, ovvio. Come lo è il fatto che, in Veneto, Arcus finanzia con due capitoli per un totale di 600 mila euro il dipartimento di Archeologia dell´Università di Padova. Direttore è la professoressa ordinaria di Archeologia Elena Francesca Ghedini, sorella del più illustre deputato, avvocato e consigliere del premier, Niccolò. Altissime le sue referenze nel mondo culturale: dal 2008 il ministro Bondi l´ha voluta al suo fianco quale «consigliere per le aree archeologiche» e dal marzo 2009 quale membro del «Consiglio superiore per i beni culturali».
Ma di bizzarrie nelle 18 tabelle del piano se ne scovano tante. Ad Amelia, in Umbria, l´Associazione culturale società teatrale riceverà 800 mila euro, la Fondazione teatro dell´Archivolto in Liguria 450 mila euro e via elargendo.
Generoso il finanziamento di decine di interventi su immobili ecclesiastici, anche del patrimonio vaticano, dunque extraterritoriali. È il caso del «restauro dei cortili interni della Pontificia università gregoriana» a Roma: 1 milione di euro nel 2010 e 500 mila nel 2011, sebbene lo Stato abbia già finanziato lo stesso restauro con 457.444 euro tratti dai fondi dell´8 per mille, lo scorso anno, e con 442.500 euro, nel 2007. Ma, anche qui, la lista di monasteri, campanili e basiliche beneficiati è sconfinata. Dal pozzo dei miracoli di Arcus il governo attinge per aiutare pure le amministrazioni comunali «amiche» in crisi finanziaria: 1 milione alla cultura del Comune di Roma di Gianni Alemanno, 1,5 milioni per la rassegna estiva «Kals´art» del Comune di Palermo (Diego Cammarata).
La spa del ministero tra il 2004 e il 2009 aveva già spalmato, su 300 interventi, finanziamenti pubblici per altri 250 milioni di euro. La storia non cambia. E dire che il ministro Bondi, presentando in Parlamento il suo programma, il 26 giugno 2008, annunciava l´intenzione di «restituire alla società Arcus la sua mission originaria, evitando interventi a pioggia» e promettendo di «privilegiare d´ora in poi interventi di notevole spessore».
Dalla fondazione del 2004, a gestire la spa è il direttore generale Ettore Pietrabissa, già vice all´Iri e poi all´Abi. Presidente è un vecchio andreottiano, Salvatore Italia, classe ?40, alla guida del cda composto da altri sei consiglieri. Vertice di tutto rispetto per una spa che vanta però solo 4 dipendenti distaccati dal ministero e 6 contratti a termine. Sebbene la sede legale sia in via del Collegio romano 27, nei locali del ministero, quella «operativa» si trova in via Barberini 86, in un elegante ufficio da 350 metri quadrati nel pieno centro di Roma, affittato per circa 16 mila euro al mese, 175 mila euro l´anno. Nel 2010, stipendi, sede, gettoni e quant´altro necessita al funzionamento di Arcus costeranno 2 milioni di euro.
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Bondi al Senato sulla riforma delle fondazioni liriche.
Generale riduzione dei costi del personale. "Mi rendo conto che l’eventuale blocco del turn-over è un provvedimento duro, ma in fase riorganizzativa generale sarà necessario e sopportabile”.
Attribuire ad un unico soggetto a livello centrale la rappresentanza dei datori di lavoro.
“Non può ulteriormente tollerarsi, la deroga ormai sistematica del contratto nazionale da parte dei contratti integrativi,"
"Ritengo, inoltre, necessario assicurare una più proficua utilizzazione del personale, in linea con gli indirizzi generali di stabilità economico-finanziaria”.
"Non è possibile che formazioni parallele vedano protagoniste le stesse maestranze al di fuori dell’ente, con manifestazioni autonome".
"L’età pensionabile dei ballerini e dei tersicorei, che a mio parere va portata, così come già previsto in molti Paesi europei, dagli attuali 52 a 45 anni."
L’articolo completo
4 FEBBRAIO 2010 – Il ministro Sandro Bondi è intervenuto ieri alla VII commissione del Senato per riferire sulla riforma delle fondazioni liriche. “In via immediata – ha esordito il ministro – per l’esigenza di assicurare un adeguato contenimento dei costi, credo sia necessario riformare il sistema di contrattazione collettiva delle fondazioni liriche, attribuendo ad un unico soggetto a livello centrale la rappresentanza dei datori di lavoro. Mi riferisco in particolare al deprecabile fenomeno della frammentazione della contrattazione che reca disomogeneità e malfunzionamenti all’interno delle fondazioni".
"Il ministero – ha continuato Bondi – dovrà provvedere a fornire gli indirizzi per la stipula di un nuovo contratto collettivo che sia più attento ai profili di razionalità economico-finanziaria e sia volto a migliorare i risultati della gestione. Così facendo intendo reintrodurre una disposizione normativa che attribuisca ad un unico soggetto centrale la rappresentanza negoziale della parte datoriale, poiché le fondazioni lirico-sinfoniche sono da ritenersi organismi di diritto pubblico, finanziati in larga parte da soggetti pubblici quali Stato, Regioni, Province e Comuni. Ciò al fine di assicurare la corretta allocazione delle risorse pubbliche e migliorare l’efficienza e l’efficacia delle procedure della contrattazione collettiva, sia a livello nazionale, sia a livello integrativo”.
“Non può ulteriormente tollerarsi – ha aggiunto Bondi – la deroga ormai sistematica del contratto nazionale da parte dei contratti integrativi, così come la giungla retributiva e normativa che vede la produttività delle singole fondazioni liriche ai livelli più bassi d’Europa, rispetto a trattamenti economici di tutto rispetto. Il trattamento integrativo in godimento dovrà essere commisurato alla reale produttività del dipendente, anche a costo di drastiche riduzioni dei costi dell’integrativo nel futuro”.
“Credo inoltre – ha detto ancora il ministro – che la riforma debba tener contro della non omogeneità che si riscontra nel variegato panorama delle fondazioni, anche attraverso il riconoscimento di una particolare autonomia a quelle istituzioni che rivestono connotati peculiari. Non si tratta nella maniera più assoluta di costituire graduatorie o eccellenze. Non permetterò mai che si parli di fondazioni di serie A e di serie B. Al contrario, bisogna delegificare l’intera materia emanando regolamenti che tengano conto delle specificità di ogni fondazione lirica, stabilendo, a seconda della tradizione, della storia, della produttività e del ruolo assunto in Italia ed all’estero di ognuna, un livello maggiore o minore di autonomia rispetto ai tradizionali poteri ministeriali. E’ poi necessario confermare, anche a livello regolamentare, l’attuale assetto che vede gli enti territoriali protagonisti della gestione di questi enti. E’ ora, pertanto, di annullare l’intensa ed affastellata legislazione sulle fondazioni emanando una vera e propria legislazione che riordini l’intero settore. Ritengo, inoltre, necessario assicurare una più proficua utilizzazione del personale, in linea con gli indirizzi generali di stabilità economico-finanziaria”.
“A questo scopo – ha osservato il ministro – occorre contemperare la possibilità per il personale di svolgere attività di lavoro autonomo con le esigenze produttive delle fondazioni, come oggi avviene, ma tenendo in estremo conto le esigenze produttive di ogni fondazione. Non è possibile che formazioni parallele vedano protagoniste le stesse maestranze al di fuori dell’ente, con manifestazioni autonome. Ovvero potrà essere possibile all’interno di una seria contrattazione di primo livello che tenga conto delle esigenze del datore di lavoro al pari di quelle dei dipendenti. D’altro canto è necessaria una generale riduzione dei costi del personale attraverso il meccanismo del turnover e la possibilità per le fondazioni di avvalersi, compatibilmente con i vincoli di bilancio, delle tipologie contrattuali e delle forme di organizzazione del lavoro disciplinate dalla legge Biagi. Mi rendo conto che l’eventuale blocco del turn-over è un provvedimento duro, ma in fase riorganizzativa generale sarà necessario e sopportabile”.
“In tale ambito si inserisce – ha proseguito il ministro – la tematica dell’età pensionabile dei ballerini e dei tersicorei, che a mio parere va portata, così come già previsto in molti Paesi europei, dagli attuali 52 a 45 anni. Insisterò a livello governativo per riuscire in questa impresa di cui si parla da anni”.
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Dibattito in Senato sulle fondazioni. Pd e Idv per disegno di legge.
4 FEBBRAIO 2010 – Le opposizioni chiedono un disegno di legge e non un decreto sulle fondazioni liriche. E’ quanto emerge, dal dibattito nella VII commissione del Senato, dopo l’intervento del ministro Bondi ). Fabio Giambrone (Idv), dichiara che dall’intervento del ministro si deduce esclusivamente una vaga idea di riforma, senza tuttavia avere notizia di azioni concrete e chiede in particolare maggiori dettagli circa gli indirizzi che il governo intende assumere sulla contrattazione collettiva. Per Giambrone, inoltre una differenziazione tra fondazioni rischia di corrispondere a una presunta graduatoria di eccellenza.
Il senatore Vincenzo Vita (PD) domanda se il ministro intende adottare, per le fondazioni, un provvedimento emergenziale oppure un disegno di legge organico; solo in quest’ultimo caso, sottolinea, sarebbe possibile un approfondimento ed una verifica tra gli schieramenti. Chiede inoltre quali saranno le risorse che accompagneranno il riordino, evidenziando la necessità di offrire una speranza al settore, altrimenti, si compirà una mera razionalizzazione. Quanto al contenuto del preannunciato provvedimento, tiene a precisare che la disciplina dei livelli contrattuali va rapportata alla specificità della produzione artistica e culturale degli enti lirici per i quali spesso le soglie economiche nazionali non sono sufficienti.
E’ cruciale, per il senatore Andrea Marcucci (Pd), introdurre a favore delle fondazioni liriche nuove forme di deducibilità fiscale, onde non incorrere negli stessi limiti della riforma del 1996. Per un confronto sul tema occorre tuttavia, a suo avviso, un maggiore dettaglio rispetto all’esposizione di Bondi. In particolare, sarebbe utile discutere sulle misure più idonee a coinvolgere le Regioni e le fondazioni bancarie, ad assicurare il pareggio di bilancio, a conferire maggiori poteri ai revisori. Anche Marcucci si augura che il governo scelga la via di un disegno di legge ordinario, e quanto all’ipotesi di distinguere fra fondazioni di "serie A" e di "serie B", registra con soddisfazione l’intento del ministro di non operare nessuna sperequazione.
Il senatore Antonio Rusconi (Pd) ritiene che Bondi abbia sostanzialmente inteso giustificare la riduzione dei finanziamenti al settore per quest’anno e per gli anni venturi. Egli si sarebbe invece atteso una prospettiva di ampio respiro.
Per la maggioranza, il senatore Giuseppe Valditara (PdL) esprime apprezzamento per il quadro delineato dal ministro Bondi, che si propone una riorganizzazione autenticamente liberale di un settore di sua competenza. In particolare, dichiara di condividere la prospettiva di retribuzioni legate alla produttività. Afferma anche di non aver alcun timore a distinguere fra fondazioni di "serie A" e di "serie B" per far emergere le eccellenze, ponendo fine a perniciosi egualitarismi.
Il senatore Mario Pittoni (Lega) si sofferma sul pensionamento dei ballerini, domandando al ministro quali garanzie economiche avrebbe questa categoria di lavoratori se andasse in pensione così anticipatamente rispetto agli altri.
Il senatore Franco Asciutti (PdL) giudica marginale la scelta fra strumento di urgenza e disegno di legge ordinario, ritenendo prioritario intervenire per la riforma del settore lirico e manifesta piena condivisione sulla proposta del ministro di disciplinare più efficacemente i contratti integrativi che, ribadisce, devono seguire e non precedere il contratto nazionale.
Spettacolo dal vivo: Bondi sui nuovi criteri di finanziamento.
4 FEBBRAIO 2010 – Nel corso del suo intervento di ieri al Senato , il ministro Sandro Bondi (foto) ha illustrato anche i nuovi criteri a cui si ispirerà il finanziamento di tutto lo spettacolo dal vivo. “Occorre razionalizzare – ha detto – l’intero sistema di finanziamento statale destinato agli organismi dello spettacolo dal vivo, rideterminando i criteri selettivi di assegnazione dei contributi agli organismi di spettacolo, tenendo conto delle attività svolte e rendicontate, dei livelli quantitativi e dell’importanza culturale della produzione svolta, della regolarità gestionale degli organismi, nonché degli indici di affluenza del pubblico".
"Si dovrebbe, a mio parere – ha aggiunto il ministro – rendere ancora più selettivi e trasparenti i criteri da adottare per il finanziamento alle attività di musica, di danza, di prosa e dei circhi e spettacoli viaggianti."
Legislatura 16º – 7ª Commissione permanente – Resoconto sommario n. 165 del 03/02/2010
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2 FEBBRAIO 2010 – Mentre il ministro Sandro Bondi è atteso per domani, mercoledì 3 febbraio, dalla commissione Cultura del Senato, per la seconda parte dell’audizione sulle fondazioni liriche, il sottosegretario Francesco Giro dichiara che il governo è tornato sulla originaria idea di procedere alla riforma con un decreto, ritirando così la disponibilità di Bondi, manifestata al Senato, ad intervenire, ove ve ne fossero state le condizioni, con un disegno di legge.
"Riteniamo – dice Giro all’Ansa – che la situazione sia talmente grave che solo un provvedimento che abbia carattere di necessità e urgenza ci permetta di fronteggiare il collasso delle fondazioni". Il decreto potrebbe essere presentato già al prossimo Consiglio dei ministri di venerdì 5 febbraio. "E’ praticamente già scritto", dice Giro, per il quale le fondazioni lirico sinfoniche "sono tutte oberate da milioni di euro di debito e noi abbiamo la responsabilità di invertire questa tendenza".
Il sottosegretario anticipa che nel decreto "sono previste norme cogenti per rientrare dal debito, nuove norme previdenziali per i ballerini, norme per dare via libera al contratto nazionale che non è stato firmato ormai da più di tre anni ed è di fatto surrogato da contratti integrativi. Abbiamo chiesto sacrifici per la scuola e la sanità – fa notare Giro -, io credo che si debbano chiedere sacrifici per la lirica". Nelle fondazioni, prosegue, "ci sono troppi privilegi, si lavora poco, meno che in Europa. Bisogna lavora di più riorganizzare l’attività in modo radicale". Il decreto, aggiunge, "interviene poi di fatto sullo spirito della legge sulle fondazioni, che non regge", e che "ha affidato ai comuni responsabilità notevoli e creato ibridi pubblico e privato, con tutti problemi del pubblico e pochissime opportunità del privato". Per Giro l’obiettivo è "di riformare la legge stessa sulle fondazioni lirico sinfoniche che ha fallito, altrimenti non non ci sarebbe ora la necessità di intervenire in modo così diretto da parte del governo".
Per la prosecuzione delle trattative di rinnovo contrattuale delle Fondazioni Lirico Sinfoniche è convocato il per il giorno 9 febbraio p.v. alle ore 11.30 presso la sede dell’AGIS, Via di Villa Patrizi, 10 – Roma.
Dopo provocazioni e attegiamenti dilatori l’Anfols ha comunicato che il 12 febbraio si terra un incontro per il rinnovo del CCNL, un passo decisivo per capire se sarà possibile concludere la trattativa, in caso contrario è assolutamente necesario riprendere le iniziative di lotta.
22 GENNAIO 2010 – Agis: associazioni spettacolo dal vivo sollecitano tempi certi per la legge–
“Dopo tanti annunci attendevamo dalla riunione del 21 gennaio del Comitato ristretto di conoscere tempi certi per l’emanazione del testo definitivo della legge sullo Spettacolo dal vivo, all’esame della Commissione cultura della Camera dei Deputati. Ciò non è avvenuto. I rumors si rincorrono e sono di vario genere: a noi non interessano, ma non riusciamo a capire e per questo chiediamo, nel convinto rispetto dell’ autonomia della funzione parlamentare, di avere un definitivo e concreto segnale sull’iter della legge attesa da oltre 50 anni e che sembra essere in dirittura d’arrivo. Non siamo né statalisti, né regionalisti, ma costituzionalisti”. Così le associazioni dello Spettacolo dal vivo riunite all’Agis per verificare lo stato della discussione sulla legge di settore.
“Attendiamo di conoscere l’articolato che verrà licenziato dal Comitato ristretto – dichiarano ancora le associazioni – ma diciamo subito che non siamo disposti ad essere le vittime della discussione Stato-regioni-enti locali sulle competenze e sulle risorse dello spettacolo e che continueremo ad impegnarci per agevolare l’elaborazione della legge sulla base della nostra esperienza operativa sul territorio nazionale, interloquendo con i soggetti istituzionali della Repubblica, iniziando dall’ANCI con la quale l’Agis ha già costituito un tavolo di lavoro”.
“I 200 mila impegnati nel settore attendono dal Parlamento risposte chiare e definitive seguendo con attenzione l’evolversi della situazione. Qualora questa non si sbloccasse rapidamente, doverosamente rispettando l’autonomia parlamentare per eventuali decisioni ostative alla legge, i lavoratori, gli artisti, gli imprenditori dello spettacolo vorranno conoscerne e valutarne le responsabilità politiche, e liberamente trarne le conseguenze”.
“La problematica dello Spettacolo dal vivo, unitamente alla necessità della nuova legge, investe anche le risorse e la urgente definizione delle norme regolamentari per il 2011 sulla base del lavoro elaborato e condiviso con il ministero dei Beni e delle Attività culturali, che occorre riprendere e confrontare con le regioni e le autonomie locali, auspicando – concludono le associazioni dello Spettacolo dal vivo – che la nuova normativa possa essere verificata nelle Giornate Professionali del Teatro, a Napoli nel prossimo mese di giugno”.
Spettacolo dal vivo: Gabriella Carlucci, a fine gennaio si vota per la legge.
ROMA – 14 GENNAIO 2010 – Roberta Romei – "Per la fine di gennaio è fatta" così dichiara l’on. Gabriella Carlucci definendosi "finalmente ottimista" sulla legge per lo spettacolo dal vivo attualmente alla 7° Commissione della Camera. “Entro la fine del mese – dice ancora – voteremo e daremo il termine per gli emendamenti, dei quali però non credo ci sarà necessità perché ormai la legge è stata ampiamente sviscerata. Siamo arrivati alla fine dell’iter: il 20 e 21 gennaio, si riuniscono gli ultimi due comitati ristretti, e la settimana successiva passiamo alla votazione, in sede redigente in Commissione".
Un’accelerazione quindi, che , secondo le parole della parlamentare del Pdl, è dovuta allo scioglimento del nodo con la Lega che all’interno del comitato ristretto ha sempre sostenuto le posizioni più regionaliste come portabandiera del federalismo e delle competenze territoriali.
“Anche questo scoglio è stato superato. Siamo riusciti a quadrare il cerchio – sostiene Carlucci – Abbiamo lavorato sulla materia concorrente, cercando di rendere più sfumato il ruolo dello Stato e più evidente quello delle Regioni. Siamo riusciti a trovare, anche riguardo la terminologia,una soluzione che mette d’accordo Stato e Regioni, incidendo su tre articoli, il 4 , il 6 e il 6bis. Nell’ambito della Conferenza Unificata, vengono così individuati i soggetti che hanno priorità nazionale, i soggetti territoriali e la distribuzione dei finanziamenti . Sono molto felice – sottolinea Carlucci – e soddisfatto è anche il ministro Bondi , sempre tenuto al corrente di tutti i passaggi della legge, che è e rimane una legge quadro. Siamo finalmente arrivati ad una competenza ripartita e condivisa fra lo Stato e le Regioni , sia attraverso la Conferenza unificata che attraverso il Consiglio nazionale dello spettacolo”.
Bondi punta a provvedimento per le Fondazioni liriche da fine gennaio
Bondi punta a provvedimento per le Fondazioni liriche da fine gennaio
ROMA – 14 GENNAIO 2010 – Il ministro dei beni culturali Sandro Bondi – scrive l’Ansa – punta a presentare a partire dal 29 gennaio in consiglio dei ministri il provvedimento di riforma delle fondazioni liriche. Lo ha detto lo stesso ministro ieri pomeriggio ai senatori della commissione cultura, precisando di essere disponibile a valutare se procedere con un disegno di legge – come gli è stato chiesto da molti senatori – ed escludere quindi la forma del decreto. Questo, ha sottolineato il ministro che si è impegnato a tornare, "purché se ne verifichino le condizioni", ovvero la "disponibilità concreta" anche dell’opposizione ad un confronto Intrattenendosi poi con alcuni senatori, il ministro avrebbe poi precisato che solo un disegno di legge approvato in sede deliberante potrebbe raggiungere gli stessi risultati del decreto legge, permettendo un confronto più ampio con le opposizioni. Qualora tale possibilità svanisse, si vedrebbe comunque costretto ad optare per un decreto legge d’urgenza.
"Riconosco che oggi la mia relazione è stata necessariamente generale – ha detto rispondendo alle obiezioni di alcuni rappresentanti delle opposizioni tra i quali Vincenzo Vita (Pd) e Giambrone (Idv) – e mi impegno a tornare già la prossima settimana per fare un passo avanti". "Mi auguro però – ha aggiunto – di trovare anche proposte chiare e responsabili" da parte anche dell’opposizione.
Con i senatori, intanto, il ministro ha chiarito alcuni punti del cosiddetto ‘pre-testo’ preparato al ministero. "Non intendo abolire i contratti di settore", ha precisato, "né togliere ai comuni la nomina dei soprintendenti". E ancora "non ci saranno distinzioni tra fondazioni di serie A ed altre di serie B". L’età pensionabile dei ballerini sarà portata, per gli uomini e per le donne a 45 anni. Nodo fondamentale, quello degli incentivi fiscali per gli interventi dei privati: "senza un provvedimento che consenta il contributo dei privati alla cultura difficilmente le fondazioni potranno decollare com’era negli auspici di chi ha voluto questa riforma".
Dal ministro un accenno anche alla situazione dell’Imaie, l’istituto mutualistico per gli artisti interpreti e esecutori, di cui ha sottolineato la situazione critica : "ne ho avuto da tempo la consapevolezza – ha sottolineato – tanto che proprio su segnalazione dei miei uffici il prefetto di Roma ha proceduto allo scioglimento dell’Istituto con un provvedimento giudicato legittimo dalla magistratura". Quanto al futuro dell’ente: "Non ci sarebbe niente di male, a mio avviso, se queste competenze passassero alla Siae, ma il mio è solo un ragionamento di buon senso, lo vedremo insieme".
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SCALA,CUB: 7 DICEMBRE IN PIAZZA CONTRO LICENZIAMENTI E PER LAVORO-
PRECARI TEATRO ALLA SCALA – LE VERTENZE
Giunti al diciottesimo appuntamento, anche quest’anno le organizzazioni della Confederazione Unitaria di Base, in occasione della prima scaligera, saranno in piazza della Scala a manifestare "per impedire i licenziamenti indiscriminati, per il diritto al lavoro, per il reddito e il diritto alla casa, per la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario". "Per motivi opposti dai loro diciotto anni siamo anche noi alla prima, proprio con i padroni, i bancarottieri e il governo, gli stessi che hanno prodotto la crisi, e oggi festeggiano", annuncia Piergiorgio Tiboni coordinatore della Cub. "Ma i nostri obiettivi sono la trasformazione del precariato in lavoro stabile, la continuità del reddito, e anche per canone sociale degli affitti".(omnimilano.it)
La Republica
ASSUNZIONE DI TUTTI E SUBITO!
Una settimana si e l’altra pure, già da settembre, il capo del personale è costretto a rispondere, davanti ai giudici del lavoro, del comportamento illegale della Fondazione nei confronti di lavoratori costretti ad anni di saltuarietà contrattuale seppur in un rapporto di continuità lavorativa.–br–
Le altre organizzazioni Sindacali che hanno l’esclusiva nella trattativa con la Direzione, non dovrebbero permettersi di ipotizzare un accordo “in deroga alla legge”.
Se questa stabilisce che un contratto continuativo di oltre 9 mesi deve considerarsi a tempo indeterminato, non si deve far aspettare altro tempo a chi ha già maturato il diritto al posto fisso.
E’ inoltre stabilito per legge che da quando la Scala è diventata Fondazione non esiste un limite al numero dell’organico dei lavoratori a tempo indeterminato .
I precari della Scala hanno già aspettato abbastanza!
Solo in un modo possiamo accettare l’accordo occupazionale per fermare le vertenze che si moltiplicano!
Tutti gli aventi diritto Vanno assunti a tempo indeterminato! Adesso , Subito!
CUB-lnformazione Confederazione Unitaria di Base